preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La folla richiede un miracolo strepitoso da Gesù. Non le bastano le parole del Maestro né i suoi numerosi gesti significativi. Pur avendo visto le tante opere, non hanno accolto la parola; invece di dare segno di obbedienza, hanno addirittura preteso che lui obbedisse loro, esibendosi con ulteriori segni. E' giusto che ci siano segni per indicare qualcosa che va oltre il nostro orizzonte; però è sbagliato sia fermarsi ad essi invece che andare oltre, sia cercarne ancora quando si è giunti a ciò che indicano. E Gesù rifiuta di darne, perché egli stesso è un segno come lo fu Giona: segno della misericordia di Dio per tutti, tanto efficace che perfino i niniviti si convertirono al suo annuncio. “Poiché come Giona fu un segno per i niniviti, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione”. Il segno di Giona sarebbe allora la predicazione di Gesù, tesa alla conversione di questa “generazione malvagia” ma da essa disattesa, almeno dalla maggior parte. Il detto di Giona si collega con quello sulla “regina del sud”, che si assocerà ai niniviti, “nel giudizio, per condannare gli uomini di questa generazione, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone”. Gesù costituisce il punto di convergenza della tradizione profetica e sapienziale della Scrittura; anzi egli le supera in quanto la sua parola e la sua azione annunciano il compimento. La liberazione dal giudizio di condanna, che tocca anche noi, è la nostra conversione all'annuncio di misericordia di colui che è più di Salomone e di Giona.
L'abba Antonio scrutava la profondità dei giudizi di Dio; e domandò: «Signore perchè alcuni muoiono dopo breve vita, mentre altri giungono all'estrema vecchiezza? Perché alcuni mancano di tutto, e altri abbondano di ogni bene? Perchè i malvagi sono ricchi, e i buoni schiacciati dalla povertà?». Una voce gli rispose: «Antonio, occupati di te stesso: questi sono i giudizi di Dio e non ti è utile capirli».
LA MISURA DEL CIBO Nel caso si fossero eseguiti lavori più pesanti, l'abate avrà piena facoltà, se lo ritiene opportuno, di aggiungere qualcosa, purché assolutamente non si arrivi all'intemperanza e il monaco non sia colto dall'indigestione; nulla infatti è tanto sconveniente a ogni cristiano quanto l'ingordigia, come dice il Signore nostro: «State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano per l'eccesso di cibo» (Lc 21,34). Ai fanciulli più piccoli non si dia la stessa quantità di cibo, ma inferiore a quella degli adulti; e in tutto si conservi la sobrietà. Quanto poi alle carni di quadrupedi, tutti se ne astengano in modo assoluto, ad eccezione di coloro che sono molto deboli o ammalati.
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