preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Il segreto del brano evangelico di oggi è tutto in quello sguardo che Gesù riserva a quel “tale” che gli era corso incontro con tanto entusiasmo, gettandosi ai suoi piedi e chiedendogli: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna? Gesù fissando su di lui lo sguardo, lo amò”. E' un dettaglio di toccante tenerezza. La forza di quello sguardo e la carica di quell'amore spingono ad accogliere quanto lo Spirito ci può suggerire. Ma all'invito a lasciare tutto, si rattristò e “se ne andò”. Per quel “tale” le ricchezze hanno contato più di quello sguardo di amorevolezza. Per lui, la sicurezza offerta da quello che possedeva, “aveva molti beni”, era un vantaggio a cui non avrebbe rinunciato per nessuna cosa al mondo. Neanche per seguire Gesù. Ecco perché le ricchezze possono essere pericolose. Ecco perché Gesù lancia quel famoso detto: “E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Tutto quello che si possiede a vario titolo, ossia tutto quello che “ci possiede”, in definitiva ci impedisce di abbandonarci al progetto di Dio. Gesù dà senso alla vita, proiettandoci verso il futuro. Propone ad ogni uomo di andare oltre: “Una sola cosa ti manca”. Al quel “tale” Gesù non fa discorsi spirituali, ma: “Lascia quello che hai, dà le tue ricchezze ai poveri, vieni con me, lotta con me per l'avvento del regno di Dio”. Se quel “tale” ha fallito, “ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito” - rispose Pietro a nome degli altri - che cosa ci toccherà? Allo sgomento che circolava nel gruppo per le parole severe, che erano state dette e per quanto avevano visto, Gesù si premura di avvolgere i suoi discepoli in un clima di affetto, come aveva fatto con l'uomo ricco, “riceverete cento volte tanto nel presente, insieme a persecuzioni, e nel futuro, la vita eterna.” A tali beni, nel presente secolo, Gesù aggiunge anche le persecuzioni, come sorte dei discepoli, che li rende simili al loro Maestro e Signore, il quale ha accettato la passione per operare la redenzione.
Disse un anziano: «Senza la sorveglianza delle labbra è impossibile all'uomo progredire anche in una sola virtù; poiché la prima delle virtù è la sorveglianza delle labbra».
LA MISURA DEL CIBO Per il pasto quotidiano - abbia esso luogo a sesta o a nona - noi pensiamo che siano sufficienti in tutte le stagioni due pietanze cotte, per riguardo alle infermità dell'uno o dell'altro dei fratelli; cosicché chi non può cibarsi di una, si nutra con l'altra. Quindi due pietanze cotte bastino a tutti; e se ci fosse la possibilità di avere frutta e legumi freschi, se ne aggiunga una terza. Di pane sarà sufficiente una libbra di buon peso al giorno, sia quando si fa un pasto solo sia quando si pranza e si cena. Che se si deve anche cenare, il cellerario metta da parte un terzo di quella libbra e lo passi a cena.
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