Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Giovedì 26 settembre 2024

Chi è dunque costui del quale sento dire tali cose?

Il Vangelo di Luca riferisce che Erode sentì parlare di quello che faceva Gesù e si preoccupava di capire chi fosse “e cercava di vederlo”. Ciò serve per l'evangelista a tenere desta l'attenzione dei lettori del Vangelo che ormai si domandano “chi è costui del quale si sentono dire tali cose?” Nel piano di Dio la nostra salvezza consiste precisamente nel vedere Cristo e nel riconoscerlo come il termine della nostra speranza. Questo desiderio di vedere il Cristo, Dio l'ha nascosto nel cuore di ogni uomo. Cercando la verità, la pace, la giustizia nella vita, cercando l'amore vicendevole, la liberazione dai mali che incombono su di noi, noi cerchiamo la nostra salvezza, anche quando non sappiamo ancora che la nostra salvezza è già stata incarnata da Dio nel suo Unigenito e si chiama Gesù Signore, per tutti Salvatore. Il tetrarca Erode che cerca di vedere Gesù è l'uomo di ogni tempo che mosso da una perenne inquietudine vuole vedere la sua propria salvezza, ma deve andare oltre, perché Erode pur ascoltando non accoglieva quanto gli veniva detto. E' evidente che noi non possiamo lasciare che questa spinta verso Cristo sia lasciata a se stessa. Voler vedere Cristo non è dunque possibile all'adulto trascurato o che si trincera dietro i suoi mille affari. Comunque il luogo dove tutti sono chiamati a cercarlo e a riconoscerlo, è proprio quello della croce. E' così per il centurione, per il buon ladrone. Agostino dice: “Io, Signore, ti cerco, perché tu mi cerchi”. E la conferma l'abbiamo dalla stessa voce di Gesù. “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un anziano disse: «Se l'uomo fa la volontà del Signore, non finisce mai di udire la voce interiore».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUELLI CHE PIÙ VOLTE RIPRESI NON VOGLIONO CORREGGERSI

Se un fratello, ripreso più volte per una qualsiasi colpa, se anche scomunicato, neppure così si sarà corretto, si usi con lui una punizione più severa, cioè lo si sottoponga al castigo delle battiture. Ma se nemmeno così si vorrà emendare, anzi levatosi in superbia - che non sia mai! - oserà addirittura difendere la sua condotta, allora l'abate agisca come un medico esperto: se ha adoperato i lenitivi, gli unguenti delle esortazioni, i farmaci delle divine Scritture e infine le bruciature della scomunica o delle piaghe delle verghe, e costata ormai che a nulla approdano le sue industrie, faccia ricorso - ciò che vale di più - alla preghiera sua e di tutti i monaci, affinché il Signore, a cui tutto è possibile, operi la guarigione del fratello infermo. Ma se neppure così quegli guarirà, allora l'abate usi senz'altro il ferro dell'amputazione, come dice l'apostolo: «Togliete il malvagio di mezzo a voi» (1 Cor 5,13); e ancora: «Se l'infedele vuole andarsene, se ne vada» (1 Cor 7,15), perché una pecora infetta non contagi tutto il gregge.


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