preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
È dal principio, dalla creazione, che Dio va spargendo il suo buon seme nel mondo. Alitando su una massa informe, dopo aver creato dal nulla l'universo, ha fatto di noi, dandoci la vita, le sue creature predilette, creandoci a sua immagine e somiglianza e ha nobilitato la nostra natura, dotandoci di intelligenza e volontà. Anche quando, a causa del peccato, abbiamo deturpato la nostra immagine e rotto l'armonia che ci legava al Signore, Egli si è posto subito amorevolmente alla nostra ricerca, spargendo ancora il seme della sua parola nel cuore dell'uomo, nel tentativo di riprendere con noi un dialogo e ristabilire un'alleanza colpevolmente infranta. Ha affidato i suoi messaggi di salvezza a persone da lui stesso prescelte e dando loro il compito di profetare nel suo nome. Ancora una volta però quel seme, quelle parole, quelle sacrosante verità, non hanno trovato sempre la dovuta accoglienza: invece di cuori di carne ha trovato cuori di pietra, non accoglienti e incapaci di far fruttificare il seme. Ha trovato uomini dalla dura cervice: menti immerse nei grovigli delle passioni umane e nei mille affanni della vita e anche lì il seme è rimasto soffocato e il frutto non ha potuto maturare. Noi tutti conosciamo bene il «peso» di quella pietra, che grava sul nostro spirito: è la stessa che fu posta poi sul sepolcro di Cristo nell'insane tentativo di chiuderlo per sempre nelle vìscere della terra. Ma anche quella pietra è stata definitivamente rimossa. Sappiamo bene anche il significato dei rovi e delle spine che sòffocano la parola di Dio; andranno poi a coronare il capo del divino Salvatore nella sua passione. Comprendiamo anche il significato dell'ordine perentorio che Cristo darà dinanzi alla tomba del suo amico Lazzaro: «Togliete la pietra!». È la condizione per risorgere, per uscire dal buio della morte e del cuore, per poter poi ascoltare e percepire con chiarezza la Parola che rigenera e da vita. Ai nostri giorni viviamo ancora le stesse condizioni e corriamo gli stessi pericoli: la durezza del cuore è ancora una malattia frequente dello spirito e i grovigli delle spine e delle umane preoccupazioni ci assillano più che mai. Dissodare il terreno dello spirito per renderlo capace di accogliere il seme di Dio che feconda ogni umana esistenza, significa concretamente imparare a stimare i valori dell'anima, spiritualizzare la vita, recuperare la vista e l'udito per accorgerci ancora del Dio che passa, seminando i suoi splendidi doni nei solchi della nostra esistenza. Sembrerebbe contraddittorio, ma per rendere fecondo il terreno della nostra anima dobbiamo distogliere lo sguardo dalla terra e rivolgerci con la migliore intensità alle cose del cielo, al pensiero di Dio. Lo diceva già San Paolo: «Cercate le cose di lassù e non quelle della terra». Chiediamo la grazia di riuscirci sempre.
«Una parola non è possibile adesso – constata tristemente un padre del deserto. Quando i fratelli interrogavano gli anziani e facevano ciò che questi dicevano, Dio provvedeva per loro come dovevano parlare. Ma ora, poiché chiedono e non fanno ciò che odono, Dio ha tolto dagli anziani il dono della parola; e non sanno cosa dire, perché non vi è chi metta in pratica»
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Sappia pure l'abate che il padre di famiglia ascriverà a colpa del pastore quanto di minor bene avrà trovato nel suo gregge. Sarà scusato, il pastore, soltanto se avrà usato ogni diligenza verso un gregge turbolento e disobbediente e avrà applicato tutti i rimedi alla loro cattiva condotta; allora, assolto nel giudizio divino, potrà dire col profeta: «Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore, la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato (Sal 39,11); ma essi mi hanno deriso e disprezzato» (Is 1,2 Volg.). E allora per le pecore ribelli alle sue cure ci sarà alla fine quale castigo la morte.
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