preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La prima grande lezione del brano di oggi ci viene da questa iniziale frase pronunciata dal centurione romano. Paradossalmente egli non chiede, ma racconta a Gesù quello che sta vivendo, e gli consegna la sofferenza di questo suo servo, che a quanto pare gli deve stare particolarmente a cuore se si mette a cercare una soluzione. Quante cose ogni giorno ci preoccupano e ci stanno a cuore? Alla luce del Vangelo di oggi, impariamo a raccontare a Gesù tutto, ovviamente come il centurione, tutte le nostre ansie, paure e sofferenze che incontriamo sul nostro cammino ma anche quelle dei nostri fratelli che incrociamo sulla strada della nostra vita. Penso che la preghiera sia innanzitutto questo: affidamento delle nostre intenzioni a Dio. Gesù non solo ascolta ma anticipa anche la preghiera implicita, nascosta del centurione: “Gesù gli disse: «Io verrò e lo guarirò»”. Ma è proprio a questo punto che la scena sorprende ancora di più perché il centurione fa emergere una fede immensa: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Quasi per dire: Signore io mi fido ciecamente di te che sono certo che tu farai qualcosa per lui, anche senza che io lo veda o che me ne accorga mai. Visibilmente Gesù è colpito dalla fede di quest’uomo, che tra l’altro non faceva parte proprio della cerchia di credenti e seguaci di Gesù. Ecco perché “Gesù, udito questo, ne restò meravigliato, e disse a quelli che lo seguivano: «Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande!»”. Infatti è grande la fede di chi prega senza cercare segni, ma con l’intima certezza che Chi ci ama non può non ascoltarci e fare ciò che è giusto. Anche noi in questi primi passi di Avvento che abbiamo iniziato ieri, impariamo da questo Centurione nonostante le nostre umane fragilità. Amen!
Il padre Dula diceva: "Tronca molte relazioni, perché il tuo spirito non venga assediato da una guerra che lo distrugga e turbi l'unione con Dio".
I FIGLI DEI NOBILI E DEI POVERI Quanto poi alle sue sostanze, promettano sotto giuramento nella carta di petizione che né per sé né per mezzo di un loro rappresentante né in qualunque altro modo gli daranno mai alcuna cosa e neppure occasione di averla; oppure, se non vogliono fare così ma intendono offrire qualcosa in elemosina al monastero quale compenso, facciano regolare donazione dei beni che desiderano dare, riservandosene eventualmente l'usufrutto. E così siano precluse tutte le vie per cui al fanciullo non rimanga alcuna illusione, ingannato dalla quale egli possa - non sia mai! - perdersi: cosa che purtroppo abbiamo appreso per esperienza. Allo stesso modo facciano i genitori meno ricchi. Quelli poi che non hanno proprio nulla stendano semplicemente la petizione e offrano, davanti a testimoni, il proprio figlio insieme all'oblazione della Messa.
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