Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Mercoledì 23 marzo 2022

Il compimento della Legge è l'amore.

“Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto ad abolire, ma a dare compimento”. Per evitare fraintendimenti, dobbiamo tenere sempre presente questo chiarimento di Gesù che emerge nel Vangelo odierno. Infatti, da vero Ebreo, non rifiuta tutto ciò che è stato prima, e non è neanche un superamento dell’antico ma tutto matura in Lui, si compie, raggiunge la pienezza. Dice San Paolo: “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”. La novità che Gesù porta è la lettura della legge in chiave dell’amore. Per gli Ebrei, la loro osservanza ossessionata della Legge era il massimo, attraverso la quale si realizzava la volontà di Dio. E quindi meditarla, osservala alla lettera, era la loro eredità. Ed è un pregio che pure noi oggi dovremo imitare, per dare più spazio alla Sacra Scrittura nella nostra vita. “Gesù è pienezza della legge perché egli è la parola definitiva del padre” come ci dice la lettera agli Ebrei. Ecco perché Paolo ci dice che chi ama il suo simile ha adempiuto la legge… pieno compimento della legge è l’amore”. Il cristiano è prima di tutto il discepolo di Gesù, non colui che adempie soltanto la Legge. Può darsi che qualcuno si aspettasse che il Messia avrebbe scambiato le carte, perché osservare le regole a volte sembra faticoso, implica lavoro su di sé, l’autodisciplina... E quindi l’idea di un Messia liberatore consisteva anche nella liberazione dal peso della Legge. Invece Gesù è venuto per dare una nuova lettura alla fatica che facciamo nel prendere sul serio la Legge e i Profeti. E, questa direzione nuova, Egli la chiama compimento.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Si domandò al nostro santo padre Atanasio, l'arcivescovo di Alessandria: «In qual modo il Figlio è uguale al Padre?». Rispose: «Come la vista nei due occhi».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

LE COLPE PIÙ GRAVI

Il fratello invece che si macchia di colpe più gravi venga escluso sia dalla mensa che dall'oratorio. Nessuno dei fratelli abbia alcun rapporto con lui, né gli rivolga la parola. Egli se ne stia solo al lavoro che gli è stato assegnato mantenendosi nell'afflizione della penitenza, memore di quella terribile sentenza dell'apostolo che dice: «Un tal individuo sia consegnato alla morte della carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore» (1 Cor 5,5). Prenda il cibo da solo, nella misura e nell'ora che l'abate giudicherà più opportuna per lui. Nessuno incontrandolo lo benedica e non sia benedetto neppure il cibo che gli viene dato.


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