Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 17 gennaio 2022

Discussione sul digiuno.

“Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?” “Tel père - tel fils” questa espressione francese, ci può aiutare a decifrare il messaggio del vangelo di Marco che la liturgia ci propone oggi. Infatti i discepoli di Giovanni, come lo sappiamo, conducevano una vita austera, a imitazione del loro maestro, accusato di essere indemoniato perché non mangiava. Invece sembra che già dall’inizio anche i discepoli di Gesù godessero di una cattiva fama, l’accusa è di essere superficiali perché non digiunano. Ma Gesù, pur lodando il digiuno, non ne aveva fatto un motivo di particolare attenzione. In effetti, accettava inviti per andare a mangiare, come ad esempio da Zaccheo o alle nozze di Cana... per questo fu accusato dai suoi oppositori di essere un mangione e un beone. “Possono forse digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro?” La reazione di Gesù trascende il momento occasionale: egli si rivela come lo sposo che, con la sua presenza, ha inaugurato il tempo messianico, tempo di gioia e di salvezza. Quando nella fede perdiamo di vista Gesù allora anche il digiuno diventa una pratica penitenziale fine a sé stessa. Infatti, siamo forse invitati oggi di interrogarci se la nostra fede è ancora cristocentrica, se le nostre comunità cioè fano ancora esperienza della sua presenza, soprattutto in base a quello che stiamo vivendo... Gesù, con la sua morte, non cesserà di essere realmente presente in mezzo a noi ma non in modo fisico, bensì spirituale. “Allora digiuneranno, in quel giorno”. Cioè il venerdì Santo, ricordando il giorno in cui ci fu tolto lo sposo. Infine non possiamo dimenticare che il vero digiuno consiste nel condividere il nostro pane con l’affamato, nel soccorrere l’orfano e la vedova… oggi è urgente pensare anche a queste categorie di persone perché con la pandemia sono essi a pagarne il caro prezzo.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Un giorno il santo padre Antonio, mentre sedeva nel deserto, fu preso da sconforto e da fitta tenebra di pensieri. E diceva a Dio: "O Signore! Io voglio salvarmi, ma i miei pensieri me lo impediscono. Che posso fare nella mia afflizione?". Ora, sporgendosi un po', Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi interrompe il lavoro, si alza in piedi e prega, poi di nuovo si mette seduto ad intrecciare corde, e poi ancora si alza e prega. Era un angelo del Signore, mandato per correggere Antonio e dargli forza. E udì l'angelo che diceva: "Fa' così e sarai salvo". All'udire quelle parole, fu preso da grande gioia e coraggio; così fece e si salvò».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Non faccia preferenze di persone in monastero; non ami uno più dell'altro, eccetto chi avrà trovato migliore nelle buone opere e nell'obbedienza; non preferisca chi è nato libero a chi entra in monastero venendo dalla condizione servile, a meno che non ci sia un altro motivo ragionevole; che se, per dovere di giustizia, l'abate riterrà opportuno agire così, lo faccia per qualsiasi classe sociale; altrimenti ognuno conservi il proprio posto; perché, schiavi o liberi (Ef 6,8), tutti siamo uno in Cristo (Gal 3,28) e portiamo il medesimo peso della milizia e del servizio sotto un unico Signore: non vi è infatti presso Dio preferenza di persone (Rm 2,11); soltanto in una cosa possiamo distinguerci davanti a lui: se siamo trovati più umili e migliori degli altri nelle buone opere. Abbia dunque l'abate verso tutti uguale carità e, tenendo conto dei meriti di ciascuno, segua per tutti una medesima linea di condotta.


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