Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 22 gennaio 2021

Cristo è l'unico mediatore.

Oggi, nel nostro Monastero festeggiamo San Vincenzo, Diacono e Martire. Per comodità dei nostri lettori inseriamo il commento alle letture del giorno e non a quelle della solennità che può essere reperita qui sotto, sul sito. Continuiamo invece la meditazione sulla prima lettura. Oggi l'autore della Lettera agli Ebrei continua il suo trattato sul sacerdozio di Cristo. Parla della novità della mediazione sacerdotale di Gesù. Essa si colloca nel contesto della nuova alleanza, quella preannunciata da Geremìa al tempo della crisi dell'esilio. Due sono i punti, sui quali fa leva il testo profetico, riferito dall'autore della lettera, come chiave di lettura della mediazione di Gesù: l'interiorità della legge e il perdono dei peccati. Non basta proclamare all'esterno la volontà di Dio. È l'intimo, il cuore che deve essere modificato. D'altra parte questo non può avvenire senza togliere l'ostacolo alla relazione vitale con Dio: il peccato. Nella missione di Gesù, culminante nella sua autodonazione, nella morte, si realizzano le condizioni della nuova alleanza, sognata da Geremìa. Infatti, la morte di Gesù è la massima espressione dell'amore, sintesi della volontà di Dio. Egli affronta il suo dramma finale con la fedeltà di Figlio e nella solidarietà radicale con gli uomini fratelli. In tal modo viene tolta la radice del peccato, che è ribellione a Dio e incapacità di rapporti di amore tra gli uomini. Il peccato intorpidisce il nostro cuore, annebbia l'intelligenza fino a non sapere chi siamo veramente. Ma in Gesù sperimentiamo il perdono gratuito di Dio. Ora, che Dio mostra il suo volto amorevole, nonostante i nostri peccati, sappiamo chi siamo noi, osserviamo senza paura il nostro volto. Vogliamo vivere con la generosità con cui Dio ci perdona.


Nel nostro Monastero: Solennità di San Vincenzo M., Patrono della chiesa e del monastero.

...Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

Nel cosiddetta preghiera sacerdotale, Gesù prega il padre per i suoi discepoli e per il mondo intero. È una preghiera stupenda e ricca di spunti. Solo Gesù poteva pregare il Padre in modo così intimo e profondo; è una preghiera che diventa efficace. Gesù consacra se stesso, la sera prima della sua Passione. Gesù, Figlio di Dio e figlio dell'uomo è l'unico che può consacrare, con la sua divinità la sua umanità. Il suo essere uomo non toglie nulla alla sua divinità e Gesù lo ribadisce proprio quando sta per compiere il gesto della donazione totale; è in questo atto supremo che Gesù può consacrarsi; Lui il Figlio di Dio, il Santo per eccellenza, intende qui specificare il suo essere divino e la sua donazione che rende possibile questa consacrazione. La Sua gloria sarà manifesta proprio nel momento dove la sua umanità sembra sconfitta nell'atto totale di dono. È dono totale e Gesù lo dice; non ha bisogno di essere consacrato; lo fa «per loro», per i suoi discepoli e per noi tutti. Egli prega il Padre perché i suoi discepoli siano consacrati nella verità. Gesù può consacrare, il Padre può consacrare e al Padre Egli affida i suoi discepoli. La consacrazione è nella verità; Gesù si è proclamato Via, Verità e Vita. La consacrazione nelle verità è la consacrazione nel Suo nome. È un affidamento totale, compiuto in modo totale da Gesù e richiede la stessa nostra consacrazione; cioè la stessa nostra donazione. La preghiera al Padre è preghiera efficace ma è invito, è partecipazione, è appello definitivo, per i suoi discepoli e per noi. È invito a partecipare alla sua Croce nella nostra donazione ed è appello per la nostra vita.

Apoftegmi - Detti dei Padri

"Un fratello chiese ad un anziano: 'Come trovare il Nome del mio Signore Gesù Cristo?'. L'anziano gli disse: 'Se tu non ami prima la fatica, non puoi trovarlo'".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Sappia l'abate che si è assunto l'incarico di guidare le anime e perciò deve prepararsi a renderne conto; e di quanti fratelli egli sa affidati alle sue cure, sia ben certo che nel giorno del giudizio dovrà appunto rendere conto a Dio di tutte e singole queste anime, compresa naturalmente la sua. E così, nel continuo timore dell'esame che, quale pastore, subirà circa le anime a lui affidate, mentre si dà pensiero per il rendiconto altrui, si fa sollecito per il proprio; e mentre con i suoi ammonimenti bada alla correzione degli altri, egli stesso viene emendandosi dei propri difetti.


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