Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Sabato 14 marzo 2020

Gli si gettò al collo e lo baciò.

Oggi quasi anticipando la gioia di Pasqua, il Signore Gesù ci svela con la parabola più bella e più amata del Vangelo, il Padre misericordioso e il figlio che ritorna, l’irrefrenabile misericordia e l’amore incessante che nutre per ciascuno di noi, la sua paziente e trepida attesa, il suo sguardo che arriva lontano, fino al pascolo dei porci e diventa potente attrazione che richiama e converte: “Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”. Poi dopo la recuperata figliolanza, segue la gioiosa celebrazione conviviale, che segna il pieno reinserimento nella casa paterna: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. I momenti oscuri vengono così cancellati cominciando da quel triste: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Viene redento il peccato antico e sempre attuale: quello di reclamare una libertà piena e incondizionata, uscire dalla casa paterna, dall’ambito del suo amore, nella facile illusione di poter sperimentare l’ebbrezza di una supremazia che annulla ogni dipendenza. Ci ricorda tanto il momento fatale, quando i nostri progenitori hanno teso la mano per prendere e mangiare il frutto dell’albero proibito. Oggi, come allora, il Signore, buon pastore, si mette alla ricerca della pecora smarrita ovunque e comunque si sia persa. La certezza di non restare mai soli, di essere anzi cercati, fa nascere quella speranza e quel ripensamento come primo moto verso la conversione; “Io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. La consapevolezza di aver sperperato malamente i doni preziosi, fa sperare di poter essere accolto soltanto come uno dei salariati. Il Signore però non ci vuole come salariati: in forza dello Spirito non siamo più schiavi, ma figli. E se siamo figli siamo anche eredi. Così vuole Dio. Che meraviglia! Dopo il peccato siamo stati accolti, baciati, rivestiti nutriti e festeggiati: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” e ancor più: “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Abbiamo iniziato la quaresima con un invito: “convertitevi e credete al Vangelo”; ora sappiamo la via alla conversione e più facile, solo se confidiamo nella divina misericordia. Mi alzerò…


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Amare è far esistere l'altro, forse è ascoltarlo invece di parlare, ricevere da lui invece di voler dare. Forse egli aspetta che io abbia bisogno di lui».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

CON QUALE ORDINE DEVONO DIRSI I SALMI

Ai Vespri si cantino ogni giorno quattro salmi, a partire dal 109 fino al 147, eccettuati quelli che si devono utilizzare per altre Ore, cioè dal salmo 117 al 127 e inoltre il 113 e il 142; tutti gli altri si dicano ai Vespri. E poiché verrebbero a mancare tre salmi, si devono dividere della serie suddetta i più lunghi, cioè il 138, il 143 e il 144; invece il salmo 116, dato che è molto breve, si unisca al 115. Stabilito così per i Vespri l'ordine dei salmi, tutto ciò che rimane, cioè la lettura, il responsorio, l'inno, il versetto e il cantico si compia come abbiamo indicato sopra.


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