preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Due episodi nelle letture di oggi, lontani nel tempo ma molto simili: Samuele unge re Saul, Gesù chiama Levi. Storie diverse, ma che hanno in comune la chiamata di Dio a una missione speciale da compiere. L’uno viene distolto dal pascolo per essere giuda del popolo di Dio, l’altro deve lasciare il banco delle imposte per seguire Gesù. Quanto è importante sapere che ognuno di noi, oltre il dono prezioso della vita, abbia una chiamata, una vocazione, la nostra personale missione da compiere. Sin dal nostro concepimento siamo stati dotati gratuitamente dal buon Dio di tutti i doni necessari per fare della nostra vita un faticoso e gioioso ritorno a Lui nella patria celeste. I doni e la chiamata sono per ognuno diversi, ma tutti devono percorrere la via che riporta a Dio. Levi, per il compito che assolve e la qualifica che glie ne consegue, oggi lo definiremo un esattore delle tasse, inoltre perché pubblicano, è conosciuto e annoverato nella categoria dei “peccatori”. Di conseguenza bisognava stare alla larga da certe persone. Gli astanti vedendo invece Gesù a mensa con loro, interrogano i discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Così Gesù definisce in modo essenziale la sua missione. Egli è venuto come medico per guarirci tutti dalle nostre ferite e come redentore per cancellare il debito dei nostri peccati. Nella sua accorata preghiere sacerdotale, nell’Ultima cena, Gesù rivolto al Padre, implora: «Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io». Ci conforta la certezza che nel nostro cammino siamo guidati, sorretti, attesi da Colui che ha dato la vita per noi e brama la nostra salvezza.
Gli anziani dicevano: "L'anima è una fonte. Se la scavi, si purifica; se vi getti della terra, scompare.
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Nel suo insegnamento poi l'abate deve sempre aver presente quella norma dell'apostolo che dice: «Ammonisci, esorta, rimprovera» (2 Tm 4,2); vale a dire, tenendo conto dei diversi momenti, alternando rigore e dolcezza, mostri ora l'atteggiamento severo del maestro ora quello affettuoso del padre; e cioè, gli indisciplinati e gli irrequieti deve ammonirli duramente; gli obbedienti invece e i miti e i pazienti deve esortarli a progredire sempre di più; ma i negligenti e gli abituali trasgressori vogliamo che li rimproveri e li punisca.
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