preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
"Non vogliamo che costui regni su di noi"; prima di sentire questo grido blasfemo contro Gesù, già Samuele l’ascolta dal popolo eletto e ribelle. Però sono sempre tragiche le conseguenze delle ribellioni e dell’abbandono di Dio. L’evangelista Marco ci presenta invece una scena opposta: sapendo che Gesù era in casa a Cafarnao, “si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola”. Ecco una folla ammirata e assetata di verità! Al messaggio del Maestro segue una encomiabile testimonianza di carità fraterna: quattro persone, portatori di un paralitico sono impegnati a condurlo da Gesù. La calca non consente loro di entrare per la porta, ed ecco un gesto audace: “Scoperchiarono il tetto nel punto dove si trovava Gesù e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». È la fede dei portatori a smuovere prima la misericordia e poi la potenza e del Signore: al perdono dei peccati segue, dopo i cattivi pensieri dei soliti scribi, la piena guarigione del paralitico; condividiamo la meraviglia e la lode a divino Redentore: “Un grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo”. Gesù, medico e medicina, guarisce anima e corpo. Viene da pensare: quanti nostri fratelli paralitici nel corpo e ancor più nell’anima attendono dei portatori per incontrare Gesù! Urge la carità che non soltanto nutre il fisico, ma dà vita nuova all’anima. La carità verso il nostro prossimo deve essere adorna di sacrificio e di audacia per essere conforme all’amore che Dio ha rivelato a noi in Cristo.
«Un giorno il santo padre Antonio, mentre sedeva nel deserto, fu preso da sconforto e da fitta tenebra di pensieri. E diceva a Dio: "O Signore! Io voglio salvarmi, ma i miei pensieri me lo impediscono. Che posso fare nella mia afflizione?". Ora, sporgendosi un po', Antonio vede un altro come lui, che sta seduto e lavora, poi interrompe il lavoro, si alza in piedi e prega, poi di nuovo si mette seduto ad intrecciare corde, e poi ancora si alza e prega. Era un angelo del Signore, mandato per correggere Antonio e dargli forza. E udì l'angelo che diceva: "Fa' così e sarai salvo". All'udire quelle parole, fu preso da grande gioia e coraggio; così fece e si salvò».
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Non faccia preferenze di persone in monastero; non ami uno più dell'altro, eccetto chi avrà trovato migliore nelle buone opere e nell'obbedienza; non preferisca chi è nato libero a chi entra in monastero venendo dalla condizione servile, a meno che non ci sia un altro motivo ragionevole; che se, per dovere di giustizia, l'abate riterrà opportuno agire così, lo faccia per qualsiasi classe sociale; altrimenti ognuno conservi il proprio posto; perché, schiavi o liberi (Ef 6,8), tutti siamo uno in Cristo (Gal 3,28) e portiamo il medesimo peso della milizia e del servizio sotto un unico Signore: non vi è infatti presso Dio preferenza di persone (Rm 2,11); soltanto in una cosa possiamo distinguerci davanti a lui: se siamo trovati più umili e migliori degli altri nelle buone opere. Abbia dunque l'abate verso tutti uguale carità e, tenendo conto dei meriti di ciascuno, segua per tutti una medesima linea di condotta.
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