Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

[menu] [seleziona le letture da stampare]
 

Commento alle Letture

Martedì 26 marzo 2019

Quante volte dovrò perdonargli?

È la domanda e la risposta che Pietro rivolge a Gesù: egli è certo che perdonare fino a sette volte sia un’ottima proposta; è certo, memore di quell’ “Occhio per occhio, dente per dente”, di aver espresso al suo Maestro un metro di grande nuova generosità. Quel “Sette” però già allora e ancora nel nostro linguaggio significa “quasi sempre”. Gesù corregge quel “quasi” dell’Apostolo: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette, cioè sempre. Non ci può e non ci deve essere limite al perdono da parte nostra; non possiamo mai dimenticare che ci è stato condonato un ingentissimo debito, quello del peccato, e a prezzo della sua crudelissima passione. Il debito che potremmo esigere dal nostro prossimo, per quanto grande potrebbe sembrarci, è nulla rispetto a quanto ci è stato condonato dal Signore. Saremmo spietati se dopo aver ricevuto ripetutamente la remissione dei nostri debiti, infierissimo nei confronti del nostro fratello. Ci sentiremmo ripetere: “Servo, malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. La quaresima che stiamo celebrando, il calvario, la croce, la morte, la meditazione della passione del Signore debbono ravvivare in noi gratitudine e coerenza per la misericordia che è riversata con abbondanza nei nostri cuori. Se però il nostro cuore resta chiuso al perdono, non potremmo mai e poi mai godere la Pasqua e sentirci veramente risorti; se il masso del peccato d’ingratitudine non viene rotolato e rimosso, se manca il perdono, il sepolcro non si schiude completamente e non può esserci Pasqua per noi! Azaria nella prima lettura ci suggerisce una preghiera, facciamola nostra: “Non ritirare da noi Signore, la tua misericordia, salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome”.
Tendi per primo la mano…


Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abate Amun disse: «Sopporta ogni uomo come Dio ti sopporta».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

COME L'ABATE DEVE ESSERE PREMUROSO VERSO GLI SCOMUNICATI

L'abate dunque deve avere la più grande premura e preoccupazione con ogni accortezza e diligenza per non perdere nessuna delle pecore a lui affidate. Sappia che si è assunta la cura delle anime inferme, non il dominio su quelle sane; e tema la minaccia del profeta per bocca del quale il Signore dice: «Ciò che vedevate grasso, lo prendevate; ciò che invece era debole, lo gettavate via» (Ez 34,3-4). E imiti il gesto di tenerezza del buon pastore il quale, lasciate sui monti le novantanove pecore, andò alla ricerca di quell'unica che si era smarrita; ed ebbe tanta compassione della sua debolezza che si degnò di caricarsela sulle sue sacre spalle e così riportarla al gregge (cf. Lc 15,4-5).


home  |  commento  |  letture  |  santi  |  servizi  |  archivio  |  ricerca  |  F.A.Q.  |  mappa del sito  |  indice santi  |  preghiere  |  newsletter  |  PDA  |  WAP  |  info


Questa pagina è in una versione adatta alla stampa, agli smartphone e ai PDA.
URL: https://liturgia.silvestrini.org/p/commento/2019-03-26.html
Versione completa online:
https://liturgia.silvestrini.org/commento/2019-03-26.html

i-nigma smart code
SmartCode: https://www.i-nigma.com/