Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Martedì 22 gennaio 2019

Al servizio di Dio senza pastoie.

Quando più l'autenticità della fede e della pratica religiosa è in calo, tanto più aumentano le norme e si aggrovigliano le leggi. È quanto accadeva ai tempi di Gesù e la conseguenza più drammatica era il formalismo esteriore portato all'esasperazione. I farisei erano i portabandiera di tale deviazione, per cui avevano sempre gli occhi puntati sul Cristo e sui suoi discepoli, per coglierli in fallo e poi accusarli e ordire le loro trame contro di essi. Anche il cogliere qualche spiga matura nei campi da parte dei discepoli, costituiva per loro un appiglio e motivo di una critica. Gesù, che è venuto a riportare la libertà ai figli di Dio, fa del tutto per divincolare dalle pastoie della legge i suoi discepoli, per guidarli versò l'autenticità delle fede e della pratica religiosa. Dirà esplicitamente: “La verità vi farà liberi”. Ai farisei, che si appellano all'antica legge, fa vedere la stridente contraddizione in cui incappano, ricordando loro: «Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell'offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?». E conclude: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è Signore anche del sabato». Il Signore del sabato, Cristo Gesù, viene quindi a ristabilire l'ordine e le priorità. Viene a proclamare la libertà ai prigionieri, agli stessi farisei, che presi nella morsa del loro falso zelo, si erano imprigionati nello sterile legalismo fino a restarne intrappolati. È un pericolo in cui possiamo incorrere anche oggi perché i legalisti non mancano neanche ai nostri giorni.


Oggi nel nostro Monastero San Vincenzo M., diacono e martire, Titolare della chiesa e del monastero, soll., formulario proprio.

...per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

Nel cosiddetta preghiera sacerdotale, Gesù prega il padre per i suoi discepoli e per il mondo intero. È una preghiera stupenda e ricca di spunti. Solo Gesù poteva pregare il Padre in modo così intimo e profondo; è una preghiera che diventa efficace. Gesù consacra se stesso: la sera prima della sua Passione. Gesù, Figlio di Dio e figlio dell'uomo è l'unico che può consacrare, con la sua divinità la sua umanità. Il suo essere uomo non toglie nulla alla sua divinità e Gesù lo ribadisce proprio quando sta per compiere il gesto della donazione totale; è in questo atto supremo che Gesù può consacrarsi; Lui il Figlio di Dio il Santo per eccellenza, intende qui specificare il suo essere divino e la sua donazione che rende possibile questa consacrazione. La Sua gloria sarà manifesta proprio nel momento dove la sua umanità sembra sconfitta nell'atto totale di dono. È dono totale e Gesù lo dice; non ha bisogno di essere consacrato; lo fa «per loro», per i suoi discepoli e per noi tutti. Egli prega il Padre perché i suoi discepoli siano consacrati nella verità. Gesù può consacrare, il Padre può consacrare e al Padre Egli affida i suoi discepoli. La consacrazione è nella verità; Gesù si è proclamato Via, Verità e Vita. La consacrazione nelle verità è la consacrazione nel Suo nome. È un affidamento totale, compiuto in modo totale da Gesù e richiede la stessa nostra consacrazione; cioè la stessa nostra donazione. La preghiera al Padre di è preghiera efficace ma è invito, è partecipazione, è appello definitivo, per i suoi discepoli e per noi. È invito a partecipare al sua Croce nella nostra donazione ed è appello per la nostra vita.

Apoftegmi - Detti dei Padri

"Un fratello chiese ad un anziano: 'Come trovare il Nome del mio Signore Gesù Cristo?'. L'anziano gli disse: 'Se tu non ami prima la fatica, non puoi trovarlo'".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Sappia l'abate che si è assunto l'incarico di guidare le anime e perciò deve prepararsi a renderne conto; e di quanti fratelli egli sa affidati alle sue cure, sia ben certo che nel giorno del giudizio dovrà appunto rendere conto a Dio di tutte e singole queste anime, compresa naturalmente la sua. E così, nel continuo timore dell'esame che, quale pastore, subirà circa le anime a lui affidate, mentre si dà pensiero per il rendiconto altrui, si fa sollecito per il proprio; e mentre con i suoi ammonimenti bada alla correzione degli altri, egli stesso viene emendandosi dei propri difetti.


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