preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Quando riteniamo di essere gli unici depositari della verità rischiamo di cadere nell’assolutismo e nel peggiore integralismo. Tutti gli altri che non sono come noi e con noi diventano i nostri avversari. Anche sul piano religioso si incorre in tale rischio facendo così della propria fede un monopolio e della propria religiosità una setta. Gli apostoli sono ben consapevoli di godere di particolari privilegi; è stato il loro maestro a chiamarli uno ad uno, ha dato loro il potere di scacciare i demoni e di compiere prodigi in suo nome. Ritengono perciò che nessun altro possa e debba ripetere le loro gesta e se altri lo fanno, stanno commettendo un abuso che bisogna reprimere subito. Questa la mentalità degli apostoli, ben diversa quella di Cristo. La sua è una missione universale che nessuno esclude. Si è definito luce del mondo e nessuno ha mai escluso dalla sua bontà e misericordia. Anzi, la sua predilezione è per i malati nel corpo e nello spirito, per i peccatori e per i lontani. Sa cogliere in ciascuno ogni germe di bene e nessuno mai resta escluso dal suo amore. Si addolora quando deve costatare resistenze e rifiuti. Piange su Gerusalemme perché non lo ha riconosciuto come Messia e Figlio di Dio. Oggi prendendo lo spunto dalla ingiustificata indignazione dei suoi discepoli che hanno visto uno estraneo scacciare demoni egli proclama solennemente: «Non glielo proibite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi». Così egli afferma l’universalità del suo mandato, la piena apertura al mondo e la serena visione del bene, che non può avere una fonte diversa da Dio stesso. San Giovanni ci detta la regola d’oro per riconoscere dove Egli si nasconde e si rivela: “Dov’è carità e amore lì c’è Dio”. Questa verità ci apre ad un sano ecumenismo e ci consente di scoprire ciò che ci unisce più di ciò che ci divide. Sono ancora troppi coloro che riconoscono il bene solo se tinto di colori ben identificati e lo rifiutano se ritenuto estraneo alle proprie appartenenze. Dovremmo mai dimenticare che “Chi non è contro di noi è con noi”.
A ciascuno il proprio tempo L'Abba Marco una volta disse all'Abba Arsenio: E' bene o non è bene avere nella tua cella qualcosa che ti dia piacere? Per esempio una volta venni a sapere che un confratello aveva un piccolo fiore selvatico nella sua cella e lo strappò alla radice. L'Abba Arsenio disse: Bene, è giusto. Ma ogni uomo dovrebbe agire secondo il proprio percorso spirituale. E se uno non riuscisse a stare senza quel fiore, dovrebbe ripiantarlo.
NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI Quando un nuovo venuto chiede di abbracciare la vita monastica, non gli si conceda tanto facilmente di entrare; ma, come dice l'apostolo: «Provate gli spiriti per vedere se provengono veramente da Dio» (1 Gv 4,1). Se il nuovo venuto dunque insiste nel bussare e si vede che sopporta con pazienza le umiliazioni che riceve e la difficoltà dell'ingresso per quattro o cinque giorni e ciò nonostante persiste nella sua domanda, gli si conceda di entrare e lo si ospiti in foresteria per qualche giorno. Poi egli dimori nei locali del noviziato dove si eserciti, mangi e dorma. E sia incaricato per lui un anziano capace di guadagnare le anime, il quale lo esamini con molta attenzione e metta ogni cura nell'osservare se il novizio cerca veramente Dio, se è pronto all'Opus Dei, all'obbedienza, alle umiliazioni; gli si prospettino tutte le difficoltà e le asprezze attraverso le quali si va a Dio.
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