Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Giovedì 05 aprile 2018

"Pace a voi!"

Gesù appare ai discepoli turbati da tutti questi avvenimenti che hanno dell'incredibile. Una serie di fatti straordinari ed inspiegabili si sono verificati dalla mattina di questa giornata. Qualcosa di grandioso è avvenuto; il loro cuore, nel più profondo intimo, sa che cosa è. Il Maestro, il loro Signore, lo aveva predetto tante volte! Dopo tre giorni sarebbe resuscitato. È troppo grande la gioia perché vi ci si possa credere subito! Eppure è successo! Gesù appare proprio per confermare questo pensiero, proprio perché ciò che sembra indicibile diventi realtà vera e concreta. In Gesù Risorto abbiamo la fonte prima ed ultima della nostra fede. Della fede personale che chiede l'incontro unico con il Nostro Signore e della fede della Chiesa, alimentato dallo Spirito Santo. Sono due realtà non contrapposte ma che si devono integrare a vicenda. Gesù non ci vuole dei fondamentalisti ciechi ma ci invita a considerare bene tutte le espressioni della nostra religiosità per non cadere in uno spazio troppo individualistico. La fede della comunità di Gerusalemme interpella la nostra vere fede per una verifica che è segno di apertura, è gioia di una scoperta che dispiega al nostro cuore di giorno in giorno. Anche noi la risurrezione la intendiamo nel cuore, nella fede. Anche noi però, come i discepoli vogliamo sentirlo con i sensi umani. E lo sentiamo: "Pace a voi", pace a voi...


Apoftegmi - Detti dei Padri

Non appena ti levi dopo il sonno, subito, in primo luogo, la tua bocca renda gloria a Dio e intoni cantici e salmi poiché la prima preoccupazione alla quale lo spirito si apprende fin dall'aurora, esso continua a macinarla come una mola per tutto il giorno, sia grano, sia zizzania. Perciò sii sempre il primo a gettar grano, prima che il tuo nemico getti zizzania.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I SETTIMANARI DI CUCINA

I fratelli si servano a vicenda e nessuno venga dispensato dal servizio di cucina, a meno che non sia malato o occupato in cose di maggiore utilità, perché in tal caso si acquista una più grande ricompensa e un aumento di carità. Ai più deboli si diano degli aiutanti, affinché non svolgano il servizio di malumore; anzi abbiano tutti degli aiuti, secondo i bisogni della comunità e la posizione del luogo. Se la comunità è numerosa, il cellerario sia dispensato dal lavoro di cucina e così pure chi - come abbiamo detto - fosse occupato in cose di maggiore utilità; tutti gli altri si servano vicendevolmente nella carità.


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