Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Martedì 20 febbraio 2018

Pregate così...

Il meditare cristiano non è in un vuoto fantasioso, né il pregare è senza una persona a cui rivolgersi. Tutto nasce da un ascolto della parola di Dio, percepita in un clima orante. La classica formula della preghiera che Gesù ha consegnato ai suoi, non diviene per nulla una preghiera glorificante né per lui, né per noi, se non accogliamo nel profondo del nostro cuore, sotto la luce dello Spirito, quanto viene espresso in essa. Non si tratta di pregare per chiedere o per promettere qualcosa, ma di renderci coscienti di quanto ci viene donato. Ripresenta e realizza quell'esperienza fondamentale che da' senso e pienezza alla vita. Siamo legati con un vincolo personale con Dio Padre sulla relazione dell'essere figli nel suo Figlio prediletto in forza anche del suo stesso comando: "Voi dunque pregate così". Gesù vuole introdurre anche gli uomini in quella sua stessa intimità con il Padre e tra noi, insegnandoci che l'unico scopo della nostra vita quaggiù, in attesa dell'altra. Consiste proprio, come per la sua, in questo legame profondo e permanente di vita d'amore con il Padre. Non si finirebbe mai di parlare della grandezza di questa preghiera. Ci viene consegnata nel giorno del nostro Battesimo, perché ci deve accompagnare per tutta la vita, fino all'ingresso della Vita Eterna, quando finalmente ci apparirà il Padre. E' la preghiera comunitaria e personale, proclamata in confidenza, perché mentre ci rivolgiamo al Padre, portiamo nel cuore tutti gli altri fratelli, condizione indispensabile per essere tali. Ci rivolgiamo innanzitutto al Padre in piena fiducia, perché in noi sia santificato il suo nome, sia accolto e riconosciuto il suo regno d'amore, sia fatta la sua volontà, garanzia per la nostra pacifica convivenza. Lo invochiamo ancora perché ci anticipi nell'oggi il pane del Vita Eterna, che sia clemente sulle nostre miserie, come noi vorremmo fare verso gli altri, che non ci faccia cadere nel pericolo, ma ci liberi dal male. Tutto questo lo chiediamo perché siamo enormemente coscienti che senza il suo aiuto nulla possiamo sperare.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Non è ancora perfetta quella preghiera in cui il monaco ha coscienza di sé e del fatto stesso di pregare».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Il settimo gradino dell'umiltà si sale quando il monaco, non solo a parole si dichiara l'ultimo e il più spregevole di tutti, ma si ritiene veramente tale anche nel più profondo del cuore, umiliandosi e dicendo col profeta: «Io sono verme e non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo» (Sal 21,7); «mi sono esaltato e allora sono stato umiliato e confuso» (Sal 87,16 Volg.); e ancora: «Bene per me se sono stato umiliato, perché impari ad obbedirti» (Sal 118,71).


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