Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 15 febbraio 2016

Ogni volta che..., l'avete fatto a me.

La Quaresima è tempo di preghiera, di silenzio e di ascesi, ma renderemo vane queste attività dello spirito se ci allontanassimo da coloro con i quali condividiamo normalmente le nostre giornate. La liturgia odierna ci viene incontro, ponendoci davanti al giudizio ultimo, inappellabile, nel quale saremo valutati sui nostri gesti di sensibilità nei confronti degli altri. "Avevo fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere..." L'uomo deve imitare, nel suo comportamento verso gli altri l'amore di Dio. Non si tratta solo di una buona opera o di qualche cosa che noi facciamo in modo eccezionale. Il discorso di Gesù è molto più ampio. Sullo sfondo c'è il Regno di Dio verso il quale la storia cammina... la nostra storia sacra. Il Cristo da amare e servire lo incontriamo nel fatto concreto, quotidiano, così come si presenta, non in modo accomodato, non altrove. Da quando è divenuto uomo, si è fatto nostro fratello, uomo come noi e bisognoso come noi, non c'è altro modo di raggiungerlo e di amarlo. "Ogni volta che avete fatto queste cose ai miei fratelli, l'avete fatto a me". Il nostro agire raggiunge una valenza religiosa, di santità non per quello che facciamo, ma per volere di Cristo che accoglie per sé i nostri poveri gesti, compiuti nel servizio fraterno. Non ci sfugga la magnanimità di Dio per tutti gli uomini, sue creature. In confronto: che cos'è l'opera delle nostre mani? Eppure chi agisce dà lode a Dio e chi riceve l'ottiene dalla Provvidenza divina, che ha mosso per mezzo dello Spirito all'atto caritatevole. Allora bisogna credere che il problema di chi ci vive accanto, a cui possiamo portare rimedio con l'amore, anche con un semplice "bicchiere d'acqua fresca", è il secreto della storia umana: per qui e per al di là.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Qualunque immagine appaia, colui che la vede non cada in trepidazione, ma piuttosto interroghi con sicurezza dicendo dapprima: "Chi sei tu e da dove vieni?"... Se si tratta di una potenza diabolica, subito si indebolirà vedendo un animo sicuro e vigoroso.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Il secondo gradino dell'umiltà si sale quando uno, non amando la propria volontà, non si compiace di soddisfare i suoi desideri, ma imita con i fatti quella parola del Signore che dice: «Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38). E similmente la Scrittura dice: «La volontà propria merita la pena, mentre la costrizione procura il premio». Il terzo gradino dell'umiltà si sale quando uno per amor di Dio si sottomette al superiore in tutta obbedienza, imitando il Signore di cui dice l'apostolo: «Si è fatto obbediente al Padre fino alla morte» (Fil 2,8).


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