Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 05 ottobre 2015

Scendere per incontrare il povero.

Gesù scandisce di nuovo per tutti noi l'essenza della legge nuova e la via sicura per accedere al suo Regno. Dobbiamo porre Dio al primo posto ed amarlo con tutte le nostre forze, dobbiamo riconoscerlo come nostro Padre e Padre di tutti. Con questa fede e con questo amore possiamo intraprendere un viaggio di discesa dalle nostre sicurezze e dal nostro egoismo verso il prossimo, che attende amore e soccorso. Scendere da Gerusalemme, immettersi nel cammino del povero, è un sacrosanto dovere per ogni credente; significa concretamente tradurre in opere caritative la nostra fede, se non vogliamo che rimanga sterile; significa caricarsi sulle nostre spalle l'altrui sofferenza ed essere pronti a pagare di persona. Non possiamo perciò bearci del nostro benessere, rinchiuderci entro le mura della nostra Gerusalemme, illudendoci di una religiosità personale, intimistica e protetta. È ricorrente la tentazione, dinanzi al malcapitato che bussa alle porte del nostro cuore o della nostra casa o incontriamo sulla nostra strada, di passare oltre e lasciare ad altri l'incarico di prestargli aiuto. Dobbiamo fare un attenta verifica dei percorsi della nostra fede e della nostra religiosità fino a domandarci se per caso le nostre chiese non diventino talvolta le tane dove nascondiamo il nostro egoismo per paura di macchiarci delle altrui impurità.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Non appena ti levi dopo il sonno, subito, in primo luogo, la tua bocca renda gloria a Dio e intoni cantici e salmi poiché la prima preoccupazione alla quale lo spirito si apprende fin dall'aurora, esso continua a macinarla come una mola per tutto il giorno, sia grano, sia zizzania. Perciò sii sempre il primo a gettar grano, prima che il tuo nemico getti zizzania.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I SETTIMANARI DI CUCINA

I fratelli si servano a vicenda e nessuno venga dispensato dal servizio di cucina, a meno che non sia malato o occupato in cose di maggiore utilità, perché in tal caso si acquista una più grande ricompensa e un aumento di carità. Ai più deboli si diano degli aiutanti, affinché non svolgano il servizio di malumore; anzi abbiano tutti degli aiuti, secondo i bisogni della comunità e la posizione del luogo. Se la comunità è numerosa, il cellerario sia dispensato dal lavoro di cucina e così pure chi - come abbiamo detto - fosse occupato in cose di maggiore utilità; tutti gli altri si servano vicendevolmente nella carità.


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