preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Tutto ciò che ci appaga o crediamo che ci appaghi, diceva il Papa Francesco qualche giorno fa, finiamo poi per amarlo e, quando riteniamo di aver trovato il bene migliore, secondo le nostre personali valutazioni, quello diventa il nostro tesoro, il nostro piccolo ìdolo, che si annida poi nelle profondità del nostro cuore, ma quante illusioni, quante delusioni! Quanti falsi tesori che si dissolvono in un batter d'occhio e tramutano il momentaneo godimento nella più amara tristezza. Il Signore conosce bene questa nostra umana debolezza e per questo ci ammonisce a non accumulare falsi tesori sulla terra. «Cercate (gustate) le cose di lassù», ci esorta san Paolo, eleviamo cioè il nostro spirito verso i beni che non periscono, che durano oltre il tempo e non riguardano solo il nostro corpo o le vicende che viviamo su questa terra. L'uomo di oggi è spesso prostrato, avvinto e disorientato dai beni di consumo, che vengono proposti con la migliore seduzione pubblicitaria, come motivi di benessere e fonti di felicità. Occorre umana saggezza e divina sapienza per sapersi difendere da questi continui assalti. Deve essere molto triste, dopo tanti inutili affanni, ritrovarsi al termine della vita a mani vuote e spogli di ogni merito dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. L'ultima parte del vangelo di oggi ci parla della vera purezza dell'anima, parla dell'occhio che ne è lo specchio. O siamo illuminati dallo Spirito e di conseguenza tutto vediamo nella sua luce, o il nostro sguardo diventa tenebroso, cioè sempre orientato verso il buio e il male con tutte le sue brutture. Invece la lampada che portiamo in noi dal nostro battesimo non è, non deve essere soltanto fonte di luce. Deve essere fonte di bene, di speranza, di gioia, fonte di grazia per il mondo intero.
Si lamentò il monaco Giovanni al padre spirituale: quando eravamo a Scete la nostra principale occupazione era quella dell'anima, mentre il lavoro manuale era un'occupazione secondaria. Ma ora il lavoro dell'anima e divenuto secondario e il lavoro secondario è divenuto il principale che oscura Dio.
IL PRIORE DEL MONASTERO Se il priore si mostra vizioso o, dominato dalla vanagloria, monta in superbia o disprezza apertamente la santa Regola, sia ammonito a parole fino alla quarta volta; se non si corregge, sia sottoposto alla punizione della disciplina regolare. Se neppure così si sarà corretto, allora sia tolto dall'ufficio di priore e al suo posto si metta un altro che ne sia degno. E se in seguito non starà quieto e obbediente in comunità, sia anche cacciato dal monastero. Però l'abate ricordi che di tutti i suoi giudizi dovrà rendere conto a Dio: non succeda che il fuoco dell'invidia o della gelosia gli bruci l'anima.
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