preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Consolate il mio popolo "Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta". A noi in cammino verso il santo Natale, sostenuti dalla speranza cristiana, ma pur sempre provati dalle traversìe della vita, talvolta anche noi vittime di pesanti schiavitù, afflitti da diverse calamità, risuonano quanto mai opportune e benefiche le parole del profeta. La liturgia della parola ci parla al cuore! Era ai tempi di Isaia il lieto preannuncio della fine di una intollerabile schiavitù nell'esilio di Babilonia e l'approssimarsi di un sospirato ritorno in patria, a Gerusalemme. Oggi sono per noi evidenti gli accenti profetici di quelle parole, che a noi è dato di viverle in pienezza: la vera e definitiva liberazione, la consolazione piena sgorga dalla venuta del Salvatore e dalla sua redenzione: è lui il pastore buono che, pronto a dare la vita per le sue pecorelle, lascia le novantanove bell'ovile e si mette alla ricerca della smarrita. Una ricerca possiamo ben dire che, ininterrotta, è iniziata subito dopo il primo peccato, quando Dio stesso si è messo sulle tracce della sua creatura smarrita e presa da paura per il grave errore del peccato. Egli ama definirsi Pastore del suo gregge e il gregge è il popolo eletto. La ricerca di Gesù è ormai visibile; il piccolo ovile dove ci convoca in questo tempo è la sua grotta, poi è la sua chiesa e infine la Patria celeste. Questa è la volontà del Padre che è nei cieli, che nessuno si perda perché il suo amore lo esige e anche perché Egli vuole che prendiamo parte alla sua gioia: per questo descrive e prefigura anticipatamente la gioia del pastore che ha finalmente ritrovato la pecora smarrita: "In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite". Dobbiamo immensa gratitudine al buon Dio e al Figlio suo: il loro Amore ci ha salvati.
Abba disse: "Togli le tentazioni e nessuno si salverà".
L'ORDINE DELLA COMUNITÀ Nel monastero i fratelli abbiano il loro posto secondo l'ingresso nella vita monastica, o secondo i meriti personali, o secondo la decisione dell'abate. Questi però non conturbi il gregge a lui affidato con ingiuste disposizioni, quasi facendo uso di un potere assoluto, ma pensi sempre che di tutti i suoi giudizi e azioni dovrà rendere conto a Dio.
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