preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
...del mistero di Cristo, morto e risorto. Testimoni... da allora ad oggi. Siamo oggi a due settimane dalla Pasqua e le letture, la Parola di Dio risentono ancora del clima di festa, del clima di gioia pasquale per la risurrezione di Gesù. Luca nella prima lettura dagli Atti degli Apostoli ci racconta di Pietro, Pietro che dopo la discesa dello Spirito Santo non ha più paura. Prima le porte del Cenacolo erano serate, chiuse per paura, oggi Pietro esce dal Cenacolo, comincia a predicare, comincia a dare testimonianza, e con parole dure contro i giudei, contro i farisei... «Voi avete ucciso l'autore della vita!» E Pietro sottolinea un paradosso: Pilato, un pagano, non solo, uno scettico, mosso da un senso innato di rettitudine, di giustizia, ha fatto di tutto per liberare Gesù, per preservare Gesù dalla condanna a morte. Invece i capi del popolo eletto lo hanno crocifisso. Ma Pietro continua a parlare, senza paura, senza timore. E alcuni credono, si convertono. Chiedono: «che cosa dobbiamo fare? Come riparare il peccato?» «Pentitevi, pentitevi e cambiate vita». Anche a noi, oggi risuonano queste stesse parole di Pietro. Noi siamo presenti, per mezzo della liturgia, siamo presenti a quell'evento. A noi oggi, come allora, san Pietro dice: «pentitevi e cambiate vita». E forse non si tratta solo della confessione, non si tratta di un semplice pentimento. Si tratta del cambiar vita, del cambiare le nostre visioni, i nostri ideali, le nostre strade... per sostituire le nostre con quelle di Cristo. Non è una cosa semplice e non è immediata. È un processo che ha un inizio, che parte, inizia, per non finire più se non in Dio. Perché quanto più ci avviciniamo al Signore, quanto più gli siamo vicini, tanto più ci accorgiamo quanta strada abbiamo ancora davanti, quanto abbiamo ancora da camminare...
Nel Vangelo invece vediamo Gesù, Gesù che accompagna nel Cenacolo i suoi, Gesù in mezzo ai suoi discepoli. Cristo non ci lascia soli come non ha lasciato soli gli apostoli. Dopo la sua risurrezione appare loro molte volte. Nei quaranta giorni tra la Pasqua e l'Ascensione continua ad essere con loro. Parla con loro, mangia, rimprovera la loro incredulità, risolve i dubbi... Tutto questo per rafforzare la loro fede, tutto questo per rinsaldarli, renderli più convinti. Fare di loro missionari, testimoni. E il Vangelo si conclude proprio così: «Di questo voi siete testimoni». Testimoni della morte, della risurrezione, dell'amore, testimoni e servitori del Vangelo di Cristo. Questo è il compito che Gesù lascia ai discepoli, lo lascia a tutti coloro che lo vogliono seguire. Alla fine della messa noi usciamo di Chiesa, torniamo alle nostre case, ai nostri impegni, ma dobbiamo uscire da qui cambiati, trasformati dall'incontro con Cristo, diversi, come i discepoli di Emmaus, che, senza guardare che era notte, senza guardare la fatica del ritorno, senz'indugio tornano a Gerusalemme per annunziare la buona novella.
Che cosa impariamo oggi, che cosa ci insegna la Liturgia della parola... La prima cosa, credo, dovrebbe essere proprio quella dell'ammonimento di Pietro: Pentitevi e cambiate vita. A questo Gesù aggiunge: siate i miei testimoni. Ed è proprio questo che ci chiede oggi il Signore, di essere suoi testimoni, testimoni che la vita ha un senso, che la vita ha un fine, uno scopo, una direzione precisa che è Cristo Gesù. Non è vero che il male è più forte del bene, non è vero che la morte è la fine di tutto, non è vero che la vita non ha senso... Noi siamo testimoni del bene, della vita senza fine, siamo qui per guadagnarcela. Se cerchiamo con tutte le forze di essere suoi testimoni, testimoni del suo amore che egli riversa nei nostri cuori, quell'amore sarà in noi veramente perfetto e la sua pace, la pace che egli ci dona, dimorerà in noi. La Madre del nostro Maestro ci aiuti in questo.
Un giorno a Sceta si scoprì che un confratello aveva peccato; gli anziani si riunirono e mandarono a chiamare l'Abba Mosè, dicendogli di venire; ma quello non volle andare. Allora il presbitero lo mandò a chiamare dicendo: Vieni, poiché la comunità dei confratelli ti attende. E quello, levatosi, andò. Tuttavia portando con sé una cesta vecchissima, la riempì di sabbia e se la trascinò dietro. Quelli gli andarono incontro dicendo: Che significa, o Padre? E il vecchio rispose loro: I miei peccati scorrono a profusione alle mie spalle e io oggi sono venuto a giudicare i peccati altrui? Allora essi, sentendolo, non dissero nulla al confratello, e anzi lo perdonarono.
I FRATELLI CHE SI TROVANO MOLTO LONTANO DALL'ORATORIO I fratelli che lavorano molto lontano dall'oratorio e non possono accorrervi all'ora stabilita, e l'abate sa che è veramente così - celebrino l'Opus Dei nel luogo stesso dove lavorano, inginocchiandosi con santo timor di Dio. Così pure i fratelli che sono in viaggio non lascino passare le ore stabilite per l'Ufficio divino, ma lo dicano da soli come meglio possono e non trascurino di rendere a Dio il debito del loro servizio.
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