preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gesù allarga la schiera dei suoi seguaci. È ancora Lui a chiamarli. Affida loro il compito, già svolto dal Battista, di preparargli la strada nei luoghi dove intendeva recarsi a dare il suo annuncio di salvezza. Il mondo da evangelizzare è una messe abbondante, ma gli operai sono pochi. Il loro primo compito è quello di pregare il padrone della messe, il buon Dio, affinché mandi operai in numero adeguato alla vastità della messe. Gesù invita a chiedere il dono della chiamata, della vocazione speciale a consacrare in modo elusivo, la propria vita all'evangelizzazione. È un'intenzione di preghiera, suggerita dallo stesso Cristo, perciò è un sacrosanto dovere di tutta la Chiesa, d'ogni fedele impetrare questo dono per tanti giovani. Il fatto che Gesù invii i suoi come pecore in mezzo ai lupi potrebbe sembrare temerario e crudele; noi sappiamo però, tutta la storia lo conferma, che sorretti dallo Spirito Santo, i suoi testimoni saranno sempre vincitori. Non hanno infatti verità proprie da annunciare o ideologie umane da sostenere e difendere. Essi portano un annuncio di liberazione e di amore e di pace universale, il messaggio stesso di Cristo, che ha potuto loro garantire, che insieme a persecuzioni, avranno un premio eterno. Alla sua Chiesa poi ha dato una garanzia di vittoria: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa». Le norme che poi Gesù detta ai suoi «missionari» riguardano, oltre quello primario di annunciare il Regno di Dio, la loro fiducia da riporre soltanto nella provvidenza divina, l'interiore libertà da umane preoccupazioni, l'umiltà nell'accettare eventuali rifiuti senza sgomentarsi per questo e la convinzione che l'avvento dell'universale liberazione è ormai imminente. Sarà il frutto della croce e della risurrezione, ma si espanderà ancora per l'opera sì tanti inviati, che sulla scia dei Dodici e dei primi settantadue discepoli, andranno, sparsi per il mondo, che Dio ha liberato il suo popolo.
Un novizio volle un giorno rinunciare al mondo. Disse all'anziano: "Voglio diventare monaco". L'anziano rispose: "Non ce la farai". L'altro disse: "Ce la farò". L'anziano disse: "Se realmente lo vuoi, va', rinuncia al mondo, poi vieni ad abitare nella tua cella. Egli se ne andò, donò ciò che possedeva, tenne per sé cento monete e tornò dall'anziano. L'anziano gli disse: «Va' ad abitare nella tua cella». Andò ad abitarvi. Mentre era là i suoi pensieri gli dissero: «La porta è vecchia e deve essere sostituita». Andò dunque a dire all'anziano: «I miei pensieri mi dicono: La porta è vecchia e deve essere sostituita». L'anziano gli rispose: «Tu non hai ancora rinunciato al mondo; va', rinuncia al mondo, e poi abita qui». Se ne andò, donò novanta monete, ne tenne dieci e disse all'anziano: «Ecco, ho rinunciato al mondo». L'anziano gli disse: «Va', abita nella tua cella». Andò ad abitarvi. Mentre era là i suoi pensieri gli dissero: «Il tetto è vecchio e deve essere rifatto». Andò dall'anziano: «I miei pensieri mi dicono: Il tetto è vecchio e deve essere rifatto». L'anziano gli disse: «Va', rinuncia al mondo». Il fratello se ne andò, donò le dieci monete e tornò dall'anziano: «Ecco che ho rinunciato al mondo». Mentre era nella sua cella i suoi pensieri gli dissero: «Ecco, tutto è vecchio, verrà il leone e mi mangerà». Espose i suoi pensieri all'anziano che gli disse: «Vorrei che tutto cadesse su di me e che il leone venisse a mangiarmi, per essere liberato dalla vita. Va', dimora nella tua cella e prega Dio».
QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO Tutti gli oggetti e tutti i beni del monastero li consideri come i vasi sacri dell'altare; e non ritenga nulla di poco conto. Non si lasci dominare dall'avarizia e neppure sia prodigo o sperperatore dei beni del monastero, ma faccia tutto con misura e secondo le direttive dell'abate. Soprattutto sia umile e a chi non può procurare la cosa richiesta dia una buona parola di risposta, come sta scritto: «Una buona parola vale più di ogni dono prezioso» (Sir 18,16-17). Tenga sotto la sua cura soltanto ciò che l'abate gli avrà affidato; non ardisca invece ingerirsi in ciò da cui l'abate lo avrà escluso. 1La quantità di cibo stabilita la serva ai fratelli senza alcuna arroganza e senza ritardi per non scandalizzarli, ricordando che cosa meriti, secondo la parola del Signore, chi scandalizza uno dei piccoli (Mt 18,6).
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