preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
"Nulla è impossibile a Dio": Egli è l'onnipotente, il suo stesso pensiero è in sé creativo. A chi agisce nel suo nome viene dato il potere di compiere le sue stesse opere. Egli ha promesso che chi crede in Lui farà anch'egli le opere che lui fa; anzi ne farà di più grandi di queste. In questo contesto comprendiamo la delusione e l'amarezza di Gesù sentendo dire da un padre che implora la guarigione del figlio malato: "L''ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo". Deve costatare di avere a che fare con una generazione incredula e perversa e con discepoli ai quali deve dire di non aver potuto scacciare quel demonio "per la loro poca fede". È significativo che Gesù non chiede ai suoi e a noi una fede eroica, ma ci dice semplicemente: «se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: "Spòstati da qui a là", ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile». Dobbiamo ricordarci però che i doni di Dio, e la fede è sicuramente uno dei più importanti, sono conservati in vasi di argilla e sono simili alle lampade delle vergini che attendono l'arrivo dello sposo nel cuore della notte: devono essere opportunamente alimentate e con prudenza bisogna conservare sempre una scorta di olio. Ciò significa concretamente: la pratica della vita cristiana, la frequente partecipazione ai sacramenti, le opere buone, la carità fraterna. Ricordiamoci sempre il primo dei comandamenti: "Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze." Così quel granellino di fede potrà germogliare anche in ciascuno di noi, anzi, crescere e fruttificare.
Io non temo più Dio, lo amo. Perché l'amore caccia il timore.
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI Facciamo quel che dice il profeta: «Ho detto: veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua; ho posto un freno alla mia bocca mentre l'empio mi sta dinanzi; sono rimasto in silenzio, mi sono umiliato e ho taciuto anche di cose buone» (Sal 38,2-3 Volg.). Qui il profeta ci mostra che, se per amore del silenzio dobbiamo alle volte astenerci dai discorsi buoni, tanto più per la pena del peccato, dobbiamo evitare quelli cattivi. Pertanto, per custodire la gravità del silenzio, ai discepoli perfetti si conceda raramente il permesso di parlare, fosse pure di argomenti buoni, santi ed edificanti; poiché sta scritto: «Nel molto parlare non eviterai il peccato» (Pr 10,19); e altrove: «Morte e vita sono in potere della lingua» (Pr 18,21).
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