Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 22 marzo 2009

Ha tanto amato il mondo...

Libertà ed esilio si alternano nella storia del popolo d'Israele: come si alternano fedeltà e peccato; luce e tenebre. Ogni uomo, l'intera umanità spesso vive la stessa storia. Una costante ci conforta: Dio, autore della divina giustizia, Colui che mai mette in discussione il suo dono splendido della libertà, coglie castigo e merito dai comportamenti umani, mai però abbandona definitivamente i suoi. La schiavitù non può durare più di tanto perché Egli ci ha fatti liberi e ci vuole come figli e non come schiavi. Neanche il castigo può durare più di tanto perché il Padre buono lo commina sempre a scopo terapeutico e soltanto per indurci alla conversione. Non sempre siamo disposti a comprendere che la punizione è una grandissima testimonianza di amore. Ci dovrebbe convincere, per quanto ci è dato di comprendere, l'infinito amore che ha indotto Padre celeste alla incarnazione della divinità del suo unico Figlio Gesù Cristo e al supremo sacrificio della croce. È il mistero sintetizzato in questa domenica con l'espressione dell'evangelista Giovanni che dice: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui". Ecco ancora una volta dichiarato l'irrefrenabile desiderio di Dio e la sua passione più grande, che è quella che ogni sua creatura raggiunga la salvezza eterna. Del resto questo è lo scopo ed il fine ultimo di ogni umana esistenza. Il resto san Paolo lo reputa "spazzatura", mondezza. Egli opportunamente ci ricorda che nessuno è in grado di salvare se stesso, anzi in un brano evangelico ci viene ripetuto: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?". Con una bella immagine evangelica della luce e delle tenebre possiamo ulteriormente capire la radicale alternativa dinanzi alla quale ci pone il Signore: egli sta dialogando con Nicodemo in una tiepida notte stellata e dice: "E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio". Dobbiamo dedurre che siamo in fortissima crisi energetica divina! Al nostro mondo, spesso ai nostri cuori manca la luce!


Apoftegmi - Detti dei Padri

Gregorio disse: «Che la tua opera sia pura per la presenza del Signore e non per l'ostentazione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL GRADO DELLA SCOMUNICA

La misura della scomunica o del castigo corporale deve essere proporzionata alla gravità della colpa; e la valutazione di questa dipende esclusivamente dal giudizio dell'abate. Se un fratello comunque si rende colpevole di colpe leggere sia privato della partecipazione alla mensa comune. Per chi viene escluso dalla mensa si usi questa norma: non canti da solo in coro né salmo né antifona né proclami le letture, finché non abbia fatto la soddisfazione; inoltre prenda il pasto da solo dopo la refezione dei fratelli; così, per esempio, se i fratelli mangiano all'ora sesta, egli mangi a nona; se i fratelli a nona, egli a vespro, finché, dopo un'adeguata soddisfazione, non abbia ottenuto il perdono.


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