preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Dopo aver pregato per i suoi discepoli, Gesù prega ora per tutte le generazioni dei credenti. I discepoli non debbono isolarsi nella loro fede religiosa come in una torre d'avorio. Sono la cellula che si svilupperà in una comunità sempre più vasta di credenti, mediante la fede attinta al Vangelo, predicato dai primi discepoli in poi sotto la forza dello Spirito Santo. Così attraverso la loro predicazione che i credenti di sempre, anche di oggi, vengono misteriosamente a contatto col verbo, che si è fatto carne per la salvezza di tutti e formano con lui e con il Padre una unità perfetta. Questa unità fra i discepoli non è solo una forte aggregazione, basata su comunanze cultuali e culturali, ma deve avere una connotazione teologale ben precisa. Deve essere una unità come esiste fra il Padre e il Figlio, e una comunione di tutti con il Padre e il Figlio. Tale unità realizzata nei discepoli è condizione "perché il mondo creda che il Padre ha inviato Gesù" come suo Figlio, salvatore degli uomini. "Io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell'unità, e il mondo conosca che tu mi hai mandato, e li hai amati come hai amato me". Questa comunione è possibile solo nell'amore: solo con l'amore una persona può essere nell'altra. L'incarnazione di Dio in Cristo e nei credenti dev'essere un argomento di credibilità per il mondo. Il mondo crederà in Dio solo quando lo vedrà in coloro che lo attestano. Ma si tratta sempre di una comunione di vita da cercare, da realizzare progressivamente fino al compimento. Gesù ha pregato per l'unità dei discepoli ai quali ha trasmesso le parole udite dal Padre, ai quali invia lo Spirito Santo per guidarli alla verità tutta intera e che sono conservati in questa fede dall'amore del Padre e dalla preghiera del Figlio. Noi non troviamo in ciò una risposta ai nostri attuali problemi ecumenici, ma siamo posti nel clima nel quale sperare e operare per l'unità intesa da Gesù.
Un giorno a Sceta si scoprì che un confratello aveva peccato; gli anziani si riunirono e mandarono a chiamare l'Abba Mosè, dicendogli di venire; ma quello non volle andare. Allora il presbitero lo mandò a chiamare dicendo: Vieni, poiché la comunità dei confratelli ti attende. E quello, levatosi, andò. Tuttavia portando con sé una cesta vecchissima, la riempì di sabbia e se la trascinò dietro. Quelli gli andarono incontro dicendo: Che significa, o Padre? E il vecchio rispose loro: I miei peccati scorrono a profusione alle mie spalle e io oggi sono venuto a giudicare i peccati altrui? Allora essi, sentendolo, non dissero nulla al confratello, e anzi lo perdonarono.
I FRATELLI CHE SI TROVANO MOLTO LONTANO DALL'ORATORIO I fratelli che lavorano molto lontano dall'oratorio e non possono accorrervi all'ora stabilita, e l'abate sa che è veramente così - celebrino l'Opus Dei nel luogo stesso dove lavorano, inginocchiandosi con santo timor di Dio. Così pure i fratelli che sono in viaggio non lascino passare le ore stabilite per l'Ufficio divino, ma lo dicano da soli come meglio possono e non trascurino di rendere a Dio il debito del loro servizio.
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