preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Le parole dei discepoli sono piene ora di buone intenzioni, perché ritengono di aver capito che Gesù sta parlando chiaramente senza ricorrere a immagini. Essi sono giunti a riconoscere che Gesù sa tutto, cioè legge nell'intimo di ciascuno, e su questo fatto basano la loro fede. "Per questo crediamo che sei venuto da Dio". Con garbata ironia Gesù commenta questa loro espressione di fede, ponendola in dubbio. "Adesso credete?". Quando la nostra fede è più umanamente baldanzosa e non è sufficientemente basata su Dio, è più vicina a venir meno, come nel caso dei discepoli. La vicinanza di un uomo straordinario, che sa tutto e che ci sa rispondere su tutto, non è fede, ma illusione. La fede, invece, non è questa: si dovrebbe sapere che, finché siamo pellegrini su questa terra, si vive nell'oscurità. Si crede anche senza sicurezza di vedere qualcosa di certo. "Ecco, viene l'ora, ed è giunta, in cui vi disperderete, ciascuno alle proprie case, e mi lascerete solo". Gli apostoli non erano ancora preparati a questo, e perciò il Cristo predice il loro smarrimento: perché nel loro entusiasmo c'era ancora qualcosa di infantile. Infatti quando il loro Maestro sarà catturato, processato e mandato a morte, tutto crollerà. "Ma io non sono solo, perché il Padre è con me". L'evangelista non accenna a un abbandono da parte del Padre, che è sempre con il Figlio, anche nell'ora più oscura. Proprio in ciò sta la serena sicurezza con la quale Gesù va incontro alla sua prova, anzi si propone ai suoi: "Abbiate fiducia: io ho vinto il mondo". Si tratta dunque di assumere le cose del mondo come sono e di viverle, animandole di speranza. Con queste ultime parole, rivolte ai discepoli, Gesù mostra la sua suprema padronanza nell'ora fosca che si avvicina, inculcando ai suoi fiducia in lui, non come lo avevano pensato prima, un vittorioso, ma non uno sconfitto. E "chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù, il crocifisso, è il figlio di Dio?".
Disse ancora l'Abba Macario: Se volendo rimproverare qualcuno sei indotto alla collera, soddisfi una tua passione; non perdere te stesso per salvare un altro.
IL LAVORO MANUALE QUOTIDIANO In giorno di domenica tutti si dedichino alla lectio, eccetto chi è occupato nei vari servizi. Se poi un fratello è così svogliato e indolente che non voglia o non possa studiare o leggere, gli si dia qualcosa da fare, perché non rimanga in ozio. Ai fratelli infermi o di gracile costituzione si assegni un lavoro o un mestiere tale che non li faccia stare in ozio, ma allo stesso tempo non li opprima con l'eccessiva fatica costringendoli a rinunciarvi; la loro debolezza deve essere tenuta in considerazione dall'abate.
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