preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La conoscenza che il credente ha di Dio, il Padre di Gesù, è tale che egli ne osserverà i comandamenti. "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama. Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui". Ecco un'altra grande promessa che sicuramente ha sostenuto in modo molto forte il cuore dei discepoli. Tanto è vero che Giuda gli domanda: "Signore, com'è che devi manifestarti a noi e non al mondo?". Nella sua domanda è implicita la speranza di un messia glorioso, che era nel cuore di ogni pio israelita. Gesù invece non entra in merito alla richiesta, accentua invece il tema dell'unione mistica dei credenti con sé e con il Padre. La verità più profonda della vita è l'amore, che conduce alla manifestazione reciproca e alla comunione, come l'odio chiude due persone, come il rancore le rende indisponenti tra loro. La risposta è che Dio è sempre presente e operante nella sua Chiesa. L'antico concetto del Messia, re glorioso, che impone la legge di Dio con la forza, non trova più posto in questo tempo nuovo. C'è una nuova relazione con Dio, accessibile nella fede. "Noi verremo e prenderemo dimora presso di lui". Il Signore non poteva esprimersi in modo più chiaro. E' l'amore dunque il rapporto che crea la manifestazione. E' la manifestazione che crea questa misteriosa inabitazione di Dio nell'animo del giusto. Poi aggiunge: "lo Spirito Santo che il Padre vi manderà, vi insegnerà ogni cosa". Gesù dichiara che la comprensione di tutte le sue parole sarà opera dello Spirito Santo, il cui insegnamento consisterà nel 'ricordare' ai discepoli le sue Parole. L'evangelista nota più di una volta che dopo la risurrezione, i discepoli "si ricorderanno" di quella parola o di quel gesto di Gesù, comprendendone soltanto allora tutto il profondo significato. Lo Spirito Santo non scriverà un nuovo Vangelo, diverso da quello che è stato scritto, e non sarà neppure una semplice rilettura del già detto, ma infonderà potenza da percepirlo in modo vivo e nuovo in tutta la sua portata per la vita della Chiesa.
Un fratello interrogò un anziano: «Che fare? Una moltitudine di pensieri mi fa guerra e non so come resistere». Disse l'anziano: «Non lottare mai contro tutti, ma contro uno solo. Poiché tutti i pensieri degli uomini hanno una testa sola. Bisogna dunque esaminare quale sia realmente quell'unico pensiero e quale la sua natura, poi lottare contro di esso. Allora tutti gli altri pensieri perderanno la loro forza».
QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSA Quando è l'ora dell'Ufficio divino, appena si sente il segnale, si lasci subito quanto si ha tra le mani e si corra con la massima sollecitudine, ma sempre con gravità, per non dare adito alla leggerezza. Nulla quindi si anteponga all'Opera di Dio. Se qualcuno alle Vigilie notturne arriverà dopo il Gloria del salmo 94 - che appunto per questo vogliamo sia detto in modo molto pacato e lento - non occupi in coro il posto suo, ma se ne stia all'ultimo oppure in disparte, in un posto che l'abate avrà destinato proprio per tali ritardatari, in modo che sia visto da lui e da tutti, fino a che, terminato l'Ufficio divino, dia soddisfazione con una pubblica penitenza.
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