preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La vita terrena di Gesù, presentata dagli evangelisti, è narrata senza dovizia di particolari. Noi siamo abituati a richiedere, in ogni racconto tutte le informazioni, per averne una cronaca dettagliata. Gli evangelisti usano un criterio diverso, secondo il quale, ogni informazione data è importante per cercare di cogliere il valore spirituale del racconto stesso. Dovremo, allora abituarci a non chiedere conto delle informazioni mancanti ma scoprire il significato di quelle riportate. Nel brano odierno, l'evangelista Matteo specifica che Gesù, nell'iniziare il suo mandato pubblico lascia Nazareth per trovare una dimora a Cafarnao. È un momento importante della vita di Gesù che lascia la casa nella quale aveva vissuto per tanti anni nell'obbedienza a Maria e Giuseppe, lascia a casa paterna per eseguire il mandato affidatogli dal Padre Celeste. Il cambio della casa rappresenta quasi un cambio di appartenenza; ora Egli vuole realizzare la parte pubblica del suo mandato, nell'obbedienza al Padre. Non significa, certamente che, in questo passaggio ci sia un disconoscere quella famiglia che Egli stesso si era scelto, ma dare anche alla sua vita, nel nascondimento di Nazareth, un valore che è nel mandato del Padre. L'evangelista, poi vuol individuare anche il territorio al quale appartiene Cafarnao. Egli, infatti, non vuole adempiere ad una scrupolosità geografia, anche qui vi è un preciso messaggio. Con il riferimento al brano del profeta Isaia, San Matteo vuol specificare la missione del Figlio, come perfetto e completo adempimento delle promesse antiche. È il messanesimo del Servo, che preannuncia già il Mistero Pasquale della Morte e Resurrezione. È la vera luce che va nel popolo che vive nelle tenebre. San Matteo vuol indicare, allora nelle tenebre la mancata accoglienza di Gesù. Il brano di oggi ci invita ad accogliere la vera Luce di Cristo, preannunciato dai profeti. Accoglienza che si realizza nel sentirsi noi "servi", come Egli stesso è diventano Servo.
Rimani nella tua cella ed essa ti insegnerà ogni cosa": così abba Mosè si rivolge al discepolo inquieto e tormentato dai cattivi pensieri.
QUALI SONO GLI STRUMENTI DELLE BUONE OPERE Non portare a compimento i moti dell'ira. Non riservarsi un tempo per sfogare lo sdegno. Non nutrire inganno nel cuore.
Non dare pace falsa. Non abbandonare la carità. Non giurare, per non correre il rischio di spergiurare. Dire la verità col cuore e con la bocca. Non rendere male per male.
Non fare torti e sopportare pazientemente quelli che si ricevono. Amare i nemici. Non maledire quelli che ci maledicono, ma piuttosto benedirli. Sopportare la persecuzione per causa della giustizia.
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