Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 03 dicembre 2007

Io verrò e lo curerò

Nel nostro cammino verso il Natale ci accompagna una dichiarazione solenne da parte del Signore, egli viene, viene tra noi ed ha un programma di salvezza per tutti i popoli, per ciascuno di noi. Egli sa di trovare ancora un'umanità malata e sofferente. Abbiamo urgente bisogno che qualcuno venga a curare i nostri mali. Siamo capaci di procurarceli da soli, ma non siamo capaci di liberarcene. Ci occorre Colui che può curare e sanare in profondità, estirpando il male alle sue radici. È significativo che sia un centurione romano ad invocare l'intervento di Cristo per un suo servo. Egli si fa portavoce del mondo pagano, da cui proveniamo anche noi. Egli prega anche per noi. È l'avverarsi dell'annuncio profetico di Isaia: "Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Il centurione non si ritiene degno di vedere Gesù percorrere la sua stessa strada, nella sua fede genuina ritiene che basti una sua parola perché il servo paralizzato guarisca. Quel "Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto" vuole dire la fede nella potenza del Figlio di Dio, ma anche lo stupore e la meraviglia che Egli si trovi a percorrere le nostre strade con la stessa nostra umanità inferma. Egli però non solo è entrato sotto il nostro tetto, ma ha voluto fondersi con la nostra umile carnalità, ha preso le nostre stesse sembianze.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello domando all'anziano: "Come entra nell'anima il timore di Dio?". Disse l'anziano: "se l'uomo è umile, povero, e se non giudica gli altri, il timore di Dio entra in lui".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I MONACI PELLEGRINI

Inoltre se l'abate lo giudica degno, potrà assegnargli un posto più elevato. E questo non valga solo per un monaco, ma anche per uno che provenga dai sopraddetti gradi dei sacerdoti e dei chierici: cioè, se l'abate vede che la loro condotta lo merita, potrà elevarli a un posto superiore a quello dovuto per l'ingresso in monastero. L'abate però si guardi bene dall'ammettere nella propria comunità un monaco di altro monastero conosciuto, senza il consenso o le lettere commendatizie del suo abate, perché sta scritto: «Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te» (cf. Tb 4,16; Mt 7,12).


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