preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
"Dice il Signore: «Questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani". È un oracolo del profeta Isaia, è una denuncia antica, ma che ancora ci potrebbe riguardare personalmente. Il vero culto che diamo a Dio non può essere fatto di parole e di esteriorità, ma deve sgorgare dal cuore, da profonde convinzioni, illuminate e sorrette dalla fede. San Benedetto raccomanda ai suoi monaci che quando pregano mente e cuore debbano essere in perfetta sintonia. Oggi Gesù ci detta la regola d'oro: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui". Accogliere i comandamenti e amarli significa comprendere innanzitutto che sono per noi un dono insostituibile, significa ancora convincersi che sono come segnali luminosi sul nostro cammino, che ci preservano dal male e ci guidano verso il vero bene. L'effetto mirabile dell'accoglienza dei comandi divini e della loro osservanza è la certezza di amare veramente il Signore e di sentirsi amati da Lui. È il vero benessere dell'anima, è la meravigliosa manifestazione di Dio in noi, la sua in abitazione, la sua stabile dimora nella nostra esistenza, la pienezza della sua rivelazione. Egli ci santifica e ci fortifica con la sua grazia, ci guida con i suoi comandamenti; la loro osservanza ci rende poi consapevoli che Lui è in noi e noi in Lui. Sono le virtù della fede, della speranza e dell'amore ad operare in crescendo e in continuità la nostra unione con Cristo e con la Trinità beata. Lo Spirito Santo compirà la sua opera in noi: "Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto". Così la liturgia ci orienta già da oggi verso la Pentecoste. Cominciamo ad invocarlo perché scenda e rinnovi la faccia della terra.
Signore, metti l'arcangelo alla mia bocca perché io custodisca il mio cuore.
L'OSSERVANZA DELLA QUARESIMA Perciò in questi giorni aggiungiamo qualcosa al consueto debito del nostro servizio: preghiere particolari, astinenza da cibo o da bevanda; di modo che ciascuno di propria iniziativa offra a Dio, nella gioia dello Spirito Santo (1 Ts 1,6), qualcosa in più oltre la misura che gli è imposta: cioè privi il suo corpo di un po' di cibo, di bevanda, di sonno, di loquacità, di leggerezza, e nella gioia del desiderio spirituale aspetti la santa Pasqua. Però quello che ciascuno intende offrire lo sottoponga al suo abate e lo compia con la sua preghiera e la sua approvazione; perché quanto si fa senza il permesso del padre spirituale sarà imputato a presunzione e vanagloria, non a merito. Tutto dunque si deve fare con il consenso dell'abate.
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