Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Sabato 24 marzo 2007

"Signore, mio Dio, in te mi rifugio".

Per mezzo del profeta Geremia perseguitato, il Salvatore "agnello mansueto che viene portato al macello", cioè il Redentore, invoca l'intervento divino. Vivendo la sua passione con le caratteristiche dell'Antico Testamento, il profeta chiede la vendetta di Dio. Gesù invece, morendo da innocente, con piena fiducia in Dio, invocherà il perdono. Affidandosi totalmente al Padre, egli offre un esempio valido per tutti. Il riferimento a Cristo è la chiave di lettura di ogni evento, specialmente nelle difficoltà e contrarietà inflitte da eventuali oppositori. L'evangelista Giovanni dimostra che Gesù era un segno di contraddizione e di dissenso; non c'era accordo sulle origini geografiche del Messia (Galilea? Giudea?), e i dignitari stessi erano divisi a suo proposito. Un fariseo onesto, Nicodemo, si oppone a giudizi affrettati su Gesù. In realtà, il grande interrogativo che ha tormentato tanta gente nel corso dei secoli, è: Chi è davvero Gesù? La preghiera contemplativa e la mistica aprono orizzonti certi. Inoltre, la lectio divina della Parola rivelata dovrebbe aiutarci a capire nella fede la personalità del Signore; dove possiamo incontrarlo? Quale è la funzione attuale del Signore nello sviluppo della Storia sacra? La celebrazione della Veglia pasquale completerà le indicazioni suggerite dai testi biblici della Quaresima.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un anziano disse: «Giuseppe d'Arimatea prese il Corpo di Gesù e lo mise in una sindone monda e in un sepolcro nuovo, cioè in un uomo nuovo. Che ciascuno abbia gran cura di non peccare per non oltraggiare Dio che abita in lui, e per non scacciarlo dalla sua anima. La manna fu data a Israele per nutrirsi nel deserto, ma al vero Israele è stato dato il Corpo di Cristo».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUELLI CHE SENZA AUTORIZZAZIONE TRATTANO CON GLI SCOMUNICATI

Se un fratello, senza l'autorizzazione dell'abate oserà trattare in qualsiasi modo con il fratello scomunicato o parlare con lui o inviargli un messaggio, incorra nella pena di una eguale scomunica.


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