Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Giovedì 25 maggio 2006

L'afflizione si cambierà in gioia.

In poche battute, Gesù annuncia ai suoi discepoli la sua Resurrezione e la sua Ascensione al cielo. I discepoli ancora non capiscono il senso profondo di quanto sta dicendo. Noi possiamo aiutarci quando Gesù confronta due gioie e due tristezze diverse. Sono, in realtà, due modi diametralmente opposti di capire e comprendere la realtà. In un caso vogliamo far prevalere la nostra azione. È l'agire dell'uomo che è al centro; con i suoi desideri e le sue richieste. È un piano che ci trascina, però, è l'egoismo dell'uomo. I nostri occhi non riescono sempre a comprendere tutto. Ci facciamo influenzare da pregiudizi e non sempre guardiamo all'essenziale. Il Signore lo ha sempre ripetuto: io non guardo all'apparenza. Le gioie e le tristezze che derivano da questo atteggiamento hanno il sapore fugace delle aspettative umane. Sono legate a momenti e destinate a cambiare in poco tempo. L'altra prospettiva parla di Dio. È Lui al centro vero e reale. È Lui che opera; noi dobbiamo far risaltare questa sua opera. Ciò non vuol dire che la nostra opera non sia importante; significa darne una ossatura ed una prospettiva diversa. La gioia che ne deriva riposerà in Dio ed avrà la sua forza e la sua resistenza. Vi è una dolcezza ed una consolazione che riusciranno a far superare tutte le difficoltà momentanee. Sarà una gioia piena e completa. La giuria promessa da Cristo ed attuata nel suo Amore non finirà mai. È questa la sua vera e grande promessa per noi!


Apoftegmi - Detti dei Padri

L'Abba Hor disse al suo discepolo: Bada di non portare mai in questa cella le parole di un altro.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

NORME PER L'ACCETTAZIONE DEI FRATELLI

Allora se, dopo matura riflessione, promette di osservare tutto e di obbedire a ogni comando che riceverà, sia accolto nella comunità, ben sapendo che anche l'autorità della Regola stabilisce che da quel momento non gli è più lecito uscire dal monastero, né scuotere il collo dal giogo della Regola che in sì lungo periodo di riflessione era libero di rifiutare o di accettare.


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