preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Quando la fede manca e viene colpevolmente rigettata anche la ragione si oscura: dopo la risurrezione di Lazzaro i nemici di Cristo tengono consiglio, riuniscono il sinedrio. Non per riflettere serenamente sui segni che egli va operando sotto i loro occhi, ma per lanciare un allarme: «Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione». Queste sono le deduzioni che essi sanno trarre da un evento prodigioso! Temono che tutti crederanno in Lui e questi prodigi e questa fede sarà la causa di una totale disfatta nazionale. Ancora ai nostri giorni molti ritengono che il così detto ordine scandito dalle leggi umane verrebbe turbato e sconvolto dalla fede e dalla religiosità liberamente espressa. La trama contro Cristo è diventata innumerevoli volte motivo di persecuzione per i suoi seguaci. Sono ancora tanti coloro che, come il sommo sacerdote Caifa, propongono ed attuano l'assurda e drastica soluzione: «Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera». Ecco come si tenta di far prevalere il bene presunto degli uomini su quello autentico di Dio, ecco come viene conculcata e repressa la libertà religiosa e i diritti fondamentali e sacrosanti di ogni essere vivente. Per nostra fortuna i nemici di Cristo, i nemici della fede e della libertà non sanno che dopo quella prima assurda condanna sancita da un iniquo giudizio, ogni morte diventa un sacrificio di espiazione e il sangue versato dai martiri è il seme fecondo che continuamente purifica e vivifica la chiesa del Signore. Dopo ogni persecuzione la chiesa ne è uscita più splendente che mai e coloro che pensavano di chiudere in un silenzio di morte prima Cristo e poi i suoi fedeli, hanno dovuto ogni volta sperimentare il prodigio della risurrezione e di una vita nuova. Pare che una folla innumerevole sosti ancora presso un sepolcro, immaginando una fine lugubre e un triste venerdì in cui muore Dio e con lui tutti coloro che credono il lui e delusi e illusi che lo seguono; non hanno la pazienza di attendere il terzo giorno e gustare la gioia della risurrezione. Forse ciò accade perché non vedono per le strade del mondo dei cristiani risorti!
Se fai il tuo lavoro manuale nella cella e viene l'ora della preghiera, non dire: «Finirò i miei ramoscelli e il piccolo cesto e dopo mi alzerò», ma alzati subito e rendi a Dio il debito della preghiera; diversamente prenderai a poco a poco l'abitudine di trascurare la tua preghiera e il tuo Uffizio e la tua anima diventerà deserta di ogni opera spirituale e corporale. Poiché è dall'alba che si mostra la tua volontà.
I FRATELLI INFERMI La cura degli infermi è da mettere prima di tutto e al di sopra di tutto, in modo che ad essi si serva davvero come a Cristo in persona, perché egli ha detto: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36); e ancora: «Quel che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Gli infermi, da parte loro, devono essere consapevoli che sono serviti in onore di Dio e non affliggere con eccessive pretese i fratelli che li assistono; tuttavia essi devono essere in ogni caso sopportati con pazienza, perché attraverso di loro si acquista una maggiore ricompensa. L'abate pertanto abbia la massima premura che i malati non siano trascurati in nessun modo.
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