Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 16 gennaio 2005

Chiamati per essere “santi”.

Il viaggio che la liturgia ci invita a percorrere nel corso dell'anno è scandito da una serie di teofanie, di manifestazioni e rivelazioni del nostro unico Dio e dei suoi misteri. Abbiamo cominciato il nuovo anno con l'avvento, poi il santo Natale, poi l'Epifania per concludere questo primo ciclo con il Battesimo del Signore. Da oggi inizia per noi un nuovo impegnativo percorso: l'incessante ricerca della via per seguire Cristo, così come ci si è rivelato. In questa domenica ascoltiamo ancora una volta la voce di un testimone autentico, quella di Giovanni Battista. Ci addita il Cristo e lo definisce "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". L'agnello nel linguaggio biblico designa la vittima mansueta, destinata al macello, all'immolazione, al sacrificio. Noi la vediamo come la nostra vittima, la vittima del nostro peccato, colui che s'immolerà sulla croce per noi. Il peccato è solo nostro, è il frutto malefico di cui ci nutriamo contro la volontà divina e che ci illude di poterne ricavare una soddisfazione migliore di quella che Dio ci promette come frutto della fedeltà a Lui. La nostra rinascita come umanità e come singoli è indissolubilmente legata al sacrificio di Cristo, dell'Agnello di Dio, che laverà con il suo sangue il nostro peccato. La salvezza, già vagheggiata dai profeti dell'Antico Testamento, ora si attualizza pienamente in Gesù di Nazaret. Dentro questa mirabile realtà di salvezza e di infinita misericordia si muovono ora i nostri passi. Quel sacrificio di redenzione diventa una chiamata ed un impegno per noi: siamo chiamati a fare un cammino di conversione e di santità. La forza, il propulsore del nostro impegno è proprio quell'amore, che sgorga dalla croce di Cristo e fluisce in noi con la vita sacramentaria. Solo nella intima e profonda comunione con Lui possiamo recuperare la via, avere l'energia sufficiente per percorrerla e conseguire la meta. Giovanni ci dice però che in mezzo a noi sta uno che non conosciamo: ci ammonisce cioè contro la peggiore colpevole ignoranza, l'ignoranza del Cristo, della sua opera di salvezza, dei suoi doni, della tremenda solitudine e dei terribili mali a cui andiamo incontro, se ci priviamo colpevolmente di Lui. Pare che finalmente si stia levando un grido dalla nostra umanità: vogliamo che Cristo sia con noi, viva in noi perché la storia che abbiamo scritto senza di lui è la più assurda e devastante che si potesse pensare.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Disse abbà Longino: «Da' il sangue e ricevi lo Spirito»


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Quando dunque uno assume il titolo di abate, deve guidare i suoi discepoli con un duplice insegnamento: cioè, tutto quello che è buono e santo mostrarlo più con i fatti che con le parole; in modo da proporre con le parole i comandamenti del Signore ai discepoli più maturi, invece ai duri di cuore e ai più rozzi mostrare con il suo esempio i precetti divini. Quanto poi avrà indicato ai suoi discepoli come contrario alla legge di Dio, dimostri con la sua condotta che bisogna evitarlo, perché non gli accada che, mentre predica agli altri, non sia trovato riprovevole proprio lui (cf. 1 Cor 9,27), e che un giorno Dio non debba dirgli a causa dei suoi peccati: «Perché vai ripetendo i miei decreti e hai sempre in bocca la mia alleanza, tu che detesti la disciplina e le mie parole te le getti alle spalle?» (Sal 49,16-17); e ancora: «Tu osservavi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, ma non ti sei accorto della trave che era nel tuo» (Mt 7,3).


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