Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Mercoledì 06 ottobre 2004

La mia sola legge è l'abbandono

Paolo ama ardentemente la sua missione fra i pagani ma ama ancor più la comunione e non creerebbe mai le occasioni per una Chiesa divisa; per questo si reca a Gerusalemme ed espone a Giacomo, a Cefa e Giovanni il proprio punto di vista, circa il problema della circoncisione, ottiene la loro piena approvazione e di comune accordo dividono il lavoro apostolico: "Diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi".
Il problema dell'unità della Chiesa è ancora oggi più che mai attuale; se da un lato dobbiamo rendere gloria a Dio per i passi compiuti a tale riguardo, soprattutto grazie all'opera delle "colonne" dei nostri tempi: Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, dall'altro siamo consapevoli che c'è molto ancora da lavorare, anche all'interno della stessa Chiesa Cattolica.
L'umile obbedienza al Papa da parte dei Vescovi, presbiteri, religiosi e laici è l'unica chiave che apre la porta all'unità, alla comunione; é ciò che rende credibile la Chiesa, é ciò che rende autentica la testimonianza: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". Proprio in virtù di questa comunione, Paolo, difende il Vangelo, anche contestando il comportamento contraddittorio di Pietro che, mentre in un primo momento prende cibo con i cristiani convertiti dal paganesimo, poi, intimorito da alcuni giudaizzanti, si ritira e si isola. Pietro umilmente riconosce il suo errore e accetta la critica costruttiva di Paolo.
Si può agire così se ci si considera servi inutili, se si riesce a dimenticare se stessi e i propri punti d'onore, il proprio prestigio per amore alla Chiesa, Corpo di Cristo. Solo se si è consapevoli che la Chiesa non è un'azienda nata dall'accordo fra quelli che contano, ma è un'opera divina nata dallo Spirito Santo, dal soffio che Gesù emise sulla croce, dal sangue e dall'acqua sgorgata dal suo santo costato trafitto dalla lancia, solo così ci si può sentire fratelli, figli di un unico Padre che è nei cieli. Ma questo Spirito è un dono che bisogna chiedere al Padre, è quanto il Vangelo di oggi ci invita a fare, proponendoci la preghiera del Padre Nostro. In essa Gesù stesso ci insegna a chiedere al Padre la santità, il Regno di Dio, l'obbedienza, il cibo, essenzialmente quello dell'amore, del perdono, dell'umiltà, della vigilanza.
Essa è la sintesi di tutto il Vangelo e resta la preghiera fondamentale. Secondo quanto dice sant'Agostino: "Se passi in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute nella Sacra Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta e compendiata in questa preghiera" (s.Agostino).
Questa sublime preghiera è sgorgata dal cuore di Cristo, dall'amore tenero che Egli ha nei confronti di Dio Padre e con la stessa tenerezza l'ha riversata nei nostri cuori, perché noi impariamo a gustarla man mano che il nostro cuore si purifica "da quelle immagini paterne e materne, quali si sono configurate nella nostra storia personale e culturale e che influiscono sulla nostra relazione con Dio".
In una società in cui la figura paterna è sostituita da surrogati alquanto discutibili, è più che mai urgente che si riscopri e si annunci ad un mondo sempre più orfano che c'è un Padre nei cieli che ci ama come nessuno altro sa amarci. Solo così riscopriremo e recupereremo l'autentica e terrena immagine del padre "dal Padre ogni paternità prende il nome"(Ef 3,14).
Questo è l'annuncio che la Chiesa è chiamata ancora oggi a far risuonare perché la famiglia di Dio si raduni in unità.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello si recò presso un anziano che abitava al Monte Sinai e gli domandò: «Padre, dimmi come si deve pregare, perché ho molto irritato Iddio». L'anziano gli disse: «Figliuolo, io quando prego parlo così: Signore, accordami di servirti come ho servito Satana e di amarti come ho amato il peccato».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I SETTIMANARI DI CUCINA

Chi sta per uscire di settimana, il sabato faccia le pulizie; lavi i panni con cui i fratelli si asciugano le mani e i piedi; tanto poi chi finisce quanto chi inizia il turno lavi i piedi a tutti. Chi esce di settimana riconsegni puliti e in buono stato gli utensili del suo ufficio al cellerario, e questi a sua volta li consegni al fratello che entra in servizio, in modo da sapere quello che dà e quello che riceve. Un'ora prima della refezione i settimanari prendano, oltre la razione stabilita, un bicchiere di vino e un po' di pane per ciascuno, perché all'ora del pasto possano servire i fratelli senza lamentele e senza eccessiva fatica; nei giorni festivi però attendano sino alla fine della Messa.


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