Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 13 agosto 2004

Matrimonio e celibato

[…] In Matteo, Gesù guarisce i loro malati, ma non insegna più: continua quel silenzio pubblico che era iniziato da 14, 14. Continua, però, anche la disputa con gli oppositori ideologici, i farisei.
Questa volta la loro domanda verte sulla liceità del divorzio. Matteo ha formulato la domanda in termini più consoni alla mentalità rabbinica: "È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per una ragione qualunque (katà pâsan aitìan)?". Il problema non è se sia lecito il divorzio, dal momento che è previsto dalla Torà, ma a quali condizioni lo è: per qualunque ragione, o solo per determinate ragioni? […]
La risposta di Gesù è rovesciata rispetto a quella che leggiamo in Marco: mentre in Marco Gesù cita prima il Deuteronomio e poi la Genesi, in Matteo i due passi sono invertiti. "Da principio" si cita l'ordinamento creazionale, che è quello fondamentale, costitutivo del matrimonio ("li fece maschio e femmina": Gen 1, 27; e "i due saranno una carne sola": Gen 2, 24): l'uomo, cioè il marito, il solo che potesse divorziare secondo la legge ebraica, non ha alcun diritto di separare "ciò che Dio ha congiunto", di contravvenire al comandamento creazionale. Con ciò il matrimonio è dichiarato indissolubile e Matteo rafforza questa idea con una citazione più completa del secondo passo genesiaco, che dice: "A causa di ciò, un uomo lascerà suo padre e sua madre". Matteo aggiunge: "e si unirà a sua moglie", ciò che in Marco era assente. [...]
I discepoli, ascoltato il discorso sul matrimonio, escono fuori in un'osservazione impertinente, quasi che l'attrazione del matrimonio dipendesse dalla possibilità di divorziare (questo non è che un segnale di come, per uomini di quella cultura, il discorso di Gesù contro il divorzio risultasse particolarmente duro): "Se questa è la sola ragione (aitìa) dell'uomo con la donna, non conviene sposarsi" (v. 10). Gesù non rimprovera i discepoli ma prende la palla al balzo. Dice loro: Sì, è vero, "non conviene sposarsi", ma questa è una parola ancora meno "accettabile" (il verbo è choréo, "far posto") di quella precedente. Dura è l'esigenza del matrimonio indissolubile, ma ancora più dura è quella di farsi eunuchi (che vuol dire evirarsi) […]
"Per il regno dei cieli" vuol dire per testimoniare il regno con uno stato personale che lo anticipa, ed è quello della resurrezione (cf 22, 30). Di questa parola di Gesù, la sola parola evangelica sul celibato volontario come scelta alternativa allo stato matrimoniale, vanno dunque sottolineate tre cose: a) l'estrema asprezza del linguaggio, che paragona il celibe all'eunuco, e impedisce discorsi affrettatamente "angelici"; b) la gratuità intrinseca di tale scelta, che non può essere proposta a tutti, ma solo ad alcuni, ai quali è dato di accettarla; c) la motivazione "per il regno": niente di più, ma neanche niente di meno.
(da A. MELLO, Evangelo secondo Matteo, Qiqajon 1995, 335-338)


Apoftegmi - Detti dei Padri

Nella vita spirituale sono necessari entusiasmo e decisione; ma devono maturare da un tempo di attesa e riflessione. Il tutto sotto la guida dello Spirito.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Sia l'uomo convinto che Dio dal cielo lo vede sempre, ogni momento, che le sue azioni sono in ogni luogo sotto lo sguardo divino e vengono riferite continuamente dagli angeli. Lo dimostra il profeta quando ci addita Dio sempre presente al nostro pensiero, dicendo: «Dio scruta la mente e il cuore» (Sal 7,10); e ancora: «Il Signore conosce i pensieri dell'uomo» (Sal 93,11); così pure dice: «Penetri da lontano i miei pensieri» (Sal 138,3); e inoltre: «I pensieri dell'uomo saranno svelati davanti a te» (Sal 75,11 Volg.). Perciò, per tenersi in guardia dai cattivi pensieri, il fratello assennato dica sempre nel suo cuore: «Allora sarò integro davanti a lui se mi sarò guardato da ogni colpa» (Sal 17,24).


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