Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Mercoledì 28 luglio 2004

Il tesoro (Mt 13, 44-46)

[…] Un tesoro è un bene di immenso valore (qui si pensa ad un recipiente d'argilla con monete d'oro o d'argento) ma nascosto sotto terra, come si era spesso costretti a fare in caso di guerra. Quando un contadino, probabilmente l'affittuario del campo lo trova, fa di tutto per diventarne il proprietario. Anzitutto "lo nasconde" di nuovo, per non rendere nota a nessuno la sua scoperta: e forse per Matteo ci può essere in questo un'allusione al metodo parabolico usato da Gesù, che consiste nello scoprire il tesoro del Regno nascondendolo sotto in linguaggio metaforico e cifrato. Una parola chiave è "per la sua gioia": è la gioia della scoperta che determina tutte le azioni successive, e imprime loro una particolare accelerazione. È interessante il modo in cui si scopre: nel caso del tesoro, la scoperta era accidentale, nel caso della perla è frutto di un'intensa attività commerciale. Ma in entrambi i casi la scoperta è fortuita, suscita stupore e produce una grande soddisfazione. In entrambi casi, bisogna essere disposti a rinunciare a tutti gli altri beni, a vendere tutto quello che si ha, per entrare in possesso di un unico tesoro, di un'unica perla preziosa (ci sono vari passi sapienziali che paragonano il guadagno spirituale con quello di una perla: Gb 28, 15-19; Pr 3, 15; 8, 11).
Se ritorniamo allo Shema‘, questa è la volta di "amare Dio con tutta la tua forza", termine ebraico piuttosto raro in questa accezione (me'od) che viene interpretato: "con tutti i tuoi averi" (mamon). Le due parabole spiegano come si faccia ad amare Dio rinunciando a tutti gli altri beni: ciò è possibile solo se si considera il suo regno, ossia la sua signoria su di noi, come un tesoro infinitamente più prezioso del denaro, per il quale vale gioiosamente la pena di rinunciare a tutte le altre cose. Non si tratta affatto di una perdita, bensì di un guadagno (cf. 6, 19-21).
(da A. MELLO, Evangelo secondo Matteo, Qiqajon 1995, 256-257)


Apoftegmi - Detti dei Padri

Rimani nella tua cella ed essa ti insegnerà ogni cosa": così abba Mosè si rivolge al discepolo inquieto e tormentato dai cattivi pensieri.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALI SONO GLI STRUMENTI DELLE BUONE OPERE

Non portare a compimento i moti dell'ira. Non riservarsi un tempo per sfogare lo sdegno. Non nutrire inganno nel cuore.
Non dare pace falsa. Non abbandonare la carità. Non giurare, per non correre il rischio di spergiurare. Dire la verità col cuore e con la bocca. Non rendere male per male.
Non fare torti e sopportare pazientemente quelli che si ricevono. Amare i nemici. Non maledire quelli che ci maledicono, ma piuttosto benedirli. Sopportare la persecuzione per causa della giustizia.


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