preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
È innato nel cuore dell'uomo il desiderio della felicità, anche se onestamente diciamo a mo' di proverbio che essa non è di questo mondo. Il vangelo parla di beatitudini e ciò ci trasferisce subito in una sfera non più solo umana. Gesù dal monte detta la carta magna del cristianesimo. Ci sconvolge, perché i motivi che egli pone come condizione della nostra possibile beatitudine contrasta radicalmente con la nostra mentalità. Egli comincia col proclamare beati i poveri. Noi, anche se in misura diversa, siamo invece affascinati dalla ricchezza, che non identifichiamo solo con il possesso del denaro e delle cose di questo mondo, da cui speriamo di trarre vantaggi. Accentua il contrasto quando Gesù dice che se abbiamo fame saremo beati, se piangiamo saremo consolati, se odiati e respinti dagli uomini saremo beati. A noi invece piace il benessere, la tranquillità, la gioia, il prestigio, gli onori e proclamiamo beati coloro che possono goderne. Tutto questo, tra l'altro, noi lo vorremmo in pienezza e subito. Gesù parla di una ricompensa che non è mai immediata, ma sempre da goderne in futuro, in uno stato di vita molto diverso da quello che conduciamo in questo mondo. Vuole dirci indirettamente che solo alla luce della fede e ai bagliori della croce vanno lette e vissute quelle beatitudini. Ci sollecita a scelte ardue e rischiose, ma anche ad un approdo finale di sicura ed eterna felicità. Ci invita a mettere a confronto valori diversi; alcuni visibili e fruibili immediatamente come il tempo, il denaro e tutte le umane sicurezze: altri nascosti agli occhi della carne, ma splendidi per chi gode della certezza della fede come l'eternità, la gioia senza fine e le ricchezze che non consumano mai, ma crescono e diventano fonte inesauribile di beatitudine. Occorre una particolare illuminazione della nostra anima per orientarci in modo sapiente. Abbiamo l'esempio dei Santi: loro hanno saputo scegliere senza esitazioni ed incertezze la via della croce, convinti di raggiungere la vera vita. Per questo la chiesa sempre più frequentemente ce li addita come modelli di vita cristiana.
«Qualunque immagine appaia, colui che la vede non cada in trepidazione, ma piuttosto interroghi con sicurezza dicendo dapprima: "Chi sei tu e da dove vieni?"... Se si tratta di una potenza diabolica, subito si indebolirà vedendo un animo sicuro e vigoroso.
L'UMILTÀ Il secondo gradino dell'umiltà si sale quando uno, non amando la propria volontà, non si compiace di soddisfare i suoi desideri, ma imita con i fatti quella parola del Signore che dice: «Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38). E similmente la Scrittura dice: «La volontà propria merita la pena, mentre la costrizione procura il premio». Il terzo gradino dell'umiltà si sale quando uno per amor di Dio si sottomette al superiore in tutta obbedienza, imitando il Signore di cui dice l'apostolo: «Si è fatto obbediente al Padre fino alla morte» (Fil 2,8).
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