preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Gli angeli sono presenti in molti episodi della Bibbia; oggi Gesù stesso li nomina in un contesto ben preciso. E' nel dialogo con Natanaèle, definito come un israelita senza falsità. Gesù apprezza, nel futuro discepolo la sincerità della fede, basata sulla conoscenza delle Sacre Scritture. Poche battute, ma significative racchiudono molti spunti che però sono tutti incentrati sulla comprensione della figura di Cristo. La fede di Natanaéle è la fede pura di chi è in grado di accogliere il messaggio tramandato dalla tradizione assumendo però anche le vere novità; E' la fede che ha la necessità di essere sempre alimentata per non chiudersi in sé stessa. L'atteggiamento di Gesù è proprio di chi vuole aiutare la crescita del suo discepolo. Ecco che i cieli si aprono con le schiere di angeli di Dio che scendono e salgono sul Figlio dell'Uomo. Gli angeli, che indicano Cristo, sono partecipi del piano di salvezza voluto dal Signore per noi; ci aiutano a comprende il mistero di Cristo. Gesù aggiunge all'aspettativa messianica del mondo giudaico il mistero della sua persona e della sua missione; per questo Egli usa immagini tipiche dello stesso mondo giudaico per far comprendere la continuità del suo messaggio con il mondo ebraico. In questo breve dialogo è tratteggiato il mistero ineffabile dell'Incarnazione dove Gesù è vero Figlio di Dio, come lo riconosce subito Natanaéle e Figlio dell'uomo, come si autodefinisce lo stesso Gesù; qui è anche preannunciato il mistero della sua passione e Resurrezione. Riconosciamo in queste immagini un significato profondo per noi. Gesù aiuta la fede di chi sa accoglerLo e di chi lo riconosce; tutto, in noi, può essere motivo di partecipazione alla redenzione attuata da Cristo; se però a ciò aggiungiamo il nostro impegno, l'impegno a progredire nella fede in Cristo.
Fu domandato a un anziano: «Come avviene che io mi scoraggi senza tregua?». «Perché non hai ancora visto la meta», rispose.
QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO Come cellerario del monastero sia scelto uno dei membri della comunità che sia saggio, maturo, sobrio, non mangione, non superbo, non turbolento, non insolente, non gretto, non prodigo, ma pieno di timor di Dio e che sia come un padre per tutta la comunità. Abbia cura di tutti; non faccia nulla senza il consenso dell'abate; si attenga agli ordini ricevuti. Non contristi i fratelli; se per caso uno di loro gli chiede qualcosa fuori posto, non lo rattristi respingendolo con disprezzo, ma con buone ragioni e con umiltà dica di no alla sua richiesta inopportuna. Abbia cura della propria anima, memore sempre di quel detto dell'apostolo che chi avrà ben servito si acquisterà un grado onorifico (1 Tm 3,13). Riservi ogni premura con la massima sollecitudine specialmente agli infermi, ai fanciulli, agli ospiti e ai poveri, ben sapendo che di tutti questi dovrà rendere conto nel giorno del giudizio.
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