preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Ripetutamente il Signore Gesù aveva detto ai suoi che il Figlio dell'uomo sarà preso dagli scribi e dai farisei, sarà condannato, flagellato e poi crocifisso per risorgere il terzo giorno. Gli apostoli stentano a credere a quelle parole del loro Maestro, è profonda in loro la delusione e lo spavento per quanto egli predice. Oggi per fugare ogni paura egli chiama Pietro Giacomo e Giovanni, in qualità di testimoni, e li conduce sul Tabor dove si trasfigura dinanzi a loro dando una chiara dimostrazione della sua divinità. È importante quanto vedono con i loro occhi, ma è altrettanto importante ascoltare quanto la voce del Padre proclama sul suo Figlio: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». La divinità del Cristo viene solennemente proclamata dalla stessa voce del Padre e l'invito all'ascolto viene rivolto direttamente ai tre testimoni affinché credano che colui che dovrà subire il supplizio della croce è il Figlio di Dio, è l'Unigenito del Padre. Non esiste una via migliore per farci comprendere che il piano della redenzione abbraccia anche il mistero della croce e che la via della salvezza nostra sgorgherà dalla passione, morte e risurrezione di Cristo. Quella gloriosa trasfigurazione ci serve anche per rimirare anticipatamente la gloria e il gaudio che ci attende dopo la nostra personale passione, dopo le inevitabili sofferenze della vita. La luce del Tabor illumina il Golgota e la trasfigurazione è anticipo della futura risurrezione. Serva anche a noi per accrescere la nostra fede ed evitare lo scandalo della croce.
Terribile solitudine di Antonio Dove eri? Perché non sei apparso fin dall'inizio per porre fine alle mie sofferenze?'. E la voce gli rispose: 'Antonio ero là ma aspettavo per vederti combattere.
L'OBBEDIENZA DEI DISCEPOLI Ma questa stessa obbedienza sarà accetta a Dio e gradita agli uomini solo quando si esegue il comando senza esitazione, senza lentezza, senza svogliatezza, senza mormorare e senza opporre un rifiuto; 1erché l'obbedienza che si presta ai superiori, si presta a Dio; egli infatti ha detto: «Chi ascolta voi, ascolta me» (Lc 10,16). E bisogna che i discepoli lo facciano di buon animo, perché Dio ama chi dona con gioia (2 Cor 9,7). Se infatti il discepolo obbedisce malvolentieri, se si mette a mormorare, non dico con la bocca ma anche soltanto nel suo cuore, ancorché eseguisca il comando, la sua obbedienza non sarà gradita a Dio, il quale vede il cuore di lui che mormora; e quindi per tale azione non ottiene alcun merito, anzi incorre nel castigo dei mormoratori se non si corregge facendone penitenza.
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