Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Giovedì 10 aprile 2003

I doni di Cristo.

È interessante cercare di mettere insieme gli ammonimenti e le promesse che Cristo ci sta offrendo in questi giorni di immediata preparazione alla santa Pasqua: egli si è definito "Io sono", luce del mondo, acqua che rigenera, risurrezione e vita, verità che rende liberi. Sono le grandi affermazioni che ci sta proponendo come motivi di fede e di salvezza. Sono anche chiari preannunci della sua e nostra risurrezione. La prima sovrana libertà Gesù la conferma già in se stesso, nei suoi comportamenti: egli non tace e non si ritrae dinanzi alla minacce e alle assurdità dei suoi avversari. La verità va affermata e difesa; per le verità di Dio poi dobbiamo essere pronti anche a rischiare la vita. Egli non dubita di creare scompiglio nelle menti ottuse dei suoi avversari, privi di fede, quando afferma di esistere prima di Abramo e ancor più quando, riprendendo la parola con cui Dio si era manifestato a Mosè, dichiara di essere "Io sono", cioè uguale al Padre nella sua divinità. Come è vero che, senza la fede, tutto ciò che è divino e soprannaturale trascende ogni umana comprensione per cui tutto ci appare assurdo e ci colma solo di sbigottimento. Ecco perché Gesù è la luce del mondo, luce che irradia in profondità lo spirito dell'uomo, lo adorna del dono della fede e ne esalta e vivifica tutte le potenzialità elevandole alla serena accettazione di tutto ciò che Egli è e di tutto ciò che ci rivela. L'orgoglio, la presunzione di conoscere, di sapere, di comprendere anche l'incomprensibile alla mente umana, sono il nemico dichiarato della fede. È allora che l'errore attecchisce come gramigna nel cuore dell'uomo e lo rende sterile e schiavo. Quando poi i nostri occhi sono chiusi alla luce di Dio possiamo definirci tranquillamente già morti dentro. Gesù invece ci dichiara: "In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte". Egli parlava evidentemente della morte dello spirito e della vita dell'anima, che trascende la fine del nostro corpo votato alla corruzione. Il nostro compito primario rimane ancora quello di preparare il terreno al seme sempre buono e fecondo della parola di vita.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Pazienza

L'abba Pastor diceva: «Quali che siano le tue pene, la vittoria su di esse sta nel silenzio».

Un giorno che i fratelli si erano riuniti a Scete, alcuni anziani vollero mettere alla prova l'abba Mosè: si fecero sprezzanti e gli dissero: «Perché questa specie di etiope viene tra noi?». L'abate tacque udendo queste parole. Di ritorno dall'assemblea, quelli che lo avevano ingiuriosamente trattato gli dissero: «Non sei turbato?». Egli rispose: «Sono turbato, ma non dico niente».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I VECCHI E I FANCIULLI

Sebbene la natura umana sia per se stessa portata a compassione verso queste due età, cioè dei vecchi e dei fanciulli, tuttavia è bene che intervenga in loro favore anche l'autorità della Regola. Si tenga sempre conto della loro debolezza e non si applichi affatto ad essi il rigore della Regola riguardo al vitto; si abbia piuttosto verso di loro un'amorevole condiscendenza e anticipino pure le ore regolari dei pasti.


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