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LITURGIA DELLA SETTIMANA
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17 Aprile 2003
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LETTURE: Ex 12,1-8.11-14; Ps
115; 1Cor 11,23-26; Io 13,1-15
Hac Missa, horis vespertinis tantum celebranda, Ecclesia incipit sacrum Triduum paschale,
et studet cenam illam novissimam recolere, qua Dominus Iesus, in qua nocte tradebatur,
suos qui erant in mundo usque ad finem diligens, Corpus et Sanguinem suum sub speciebus
panis et vini Deo obtulit ac sub earundem rerum symbolis Apostolis, ut sumerent, tradidit,
et eisdem eorumque in sacerdotio successoribus, ut offerrent, praecepit.
Animorum attentio, per homiliam praesertim, ad mysteria convertatur quae in hac Missa
commemorantur, quae sunt Eucharistiae et Ordinis sacerdotalis institutio necnon mandatum
Domini de caritate fraterna.
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Eucaristia e sacerdozio.
È un giorno solenne e santo quello che celebriamo oggi. Diventiamo i commensali di Dio, ci viene dato come bevanda e come cibo il suo sangue e la sua carne. È il sangue e la carne dell’uomo Dio, prima martirizzato nella crudeltà di una orribile passione, poi racchiusa in un calice e in piccole ostie per assumerli come germe di vita nuova. Così siamo rigenerati nel corpo e nello spirito, diventiamo nuove creature, riscopriamo la nostra fratellanza, diventiamo uno in Cristo, diventiamo templi sacri, in cui inibita la divinità. Non più schiavi ma liberi, con una somiglianza soprannaturale con il nostro creatore e signore. La sfida che satana lanciò sin dal principio ai nostri progenitori “sarete come Dio”, ora trova il suo vero compimento. Accadde in un ultima cena, mentre si celebrava la nuova Pasqua. Gesù è prostrato come uno schiavo dinanzi ai suoi, vuole loro lavare i piedi. Vuole dare loro una lezione di umiltà, vuole dire loro che l’amore vero esige l’immolazione volontaria per gli altri, vuole spegnere ogni benché minima ombra di potere, vuole dire agli apostoli e ai futuri ministri dell’Eucaristia che per ripetere validamente quell’eterno sacrificio, devono mettere a disposizione di tutti la propria vita, diventare vittime con la Vittima. Solo così quel sacrificio potrà diventare un memoriale, potrà ripetersi nei secoli sugli altari del mondo per sfamare gli affamati di ogni tempo e dissetare le brame dei viventi. “Fate questo in memoria di me” non significa soltanto ricevere una dignità e un mandato, significa soprattutto assimilarsi a Cristo, assumerne le sembianze, ripeterne i suoi gesti e le sue parole,
offrirsi ogni giorno come vittima, essere il cibo di tutti, lasciarsi dilaniare nella carne e nello spirito, essere sacerdoti del Dio altissimo, capaci di generare Cristo con un limpido amore alla Madre sua e nostra. Così eucaristia e sacerdozio si fondono nel mistero, si realizzano e si perpetuano nella storia. Così il Vivente entra nel mondo, si dona, si lascia divorare, s’immola, guarisce, risana, redime e salva. Oggi è le festa dei sacerdoti, oggi più che mai contempliamo l’amore di Dio, la grande missione che ci ha affidato, la potenza che egli ha voluto conferire alle nostre parole, ma ci troviamo anche prostrati nella consapevolezza dei limiti e delle debolezze, che ci accompagnano anche quando saliamo tremanti sui pulpiti e sugli altari. È lì che guardandoci allo specchio ci convinciamo che i primi affamati siamo noi, è lì che verrebbe la voglia di scendere e di smettere le nostre messe, ma è ancora lì che troviamo i motivi veri di una interiore e totale purificazione: ci purifica lo sguardo misericordioso di Dio e quello altrettanto benevolo dei fratelli; così ci troviamo accomunati a sperimentare il nostro sacerdozio: “il mio e vostro sacrificio”.
Grandi
eventi si compiono in questo giorno: la chiesa (fedeli e
presbiteri) si riunisce in mattinata nelle cattedrali con il
proprio Vescovo per fare concreta e viva esperienza di unità,
memore della preghiera di Cristo che intensamente la chiede al
Padre per la sua chiesa. La stessa unità viene celebrata nel
memoriale eucaristico e nell’istituzione del Sacerdozio. La
benedizione degli oli santi, che serviranno per
l’amministrazione dei sacramenti, avviene nella stessa
celebrazione a testimoniare la premura della chiesa per i propri
fedeli, che si estende per tutto il tempo della vita terrena e
diventano veicoli di grazia e segni efficaci di salvezza. E’ un
giorno veramente santo questo Giovedì: per i sacerdoti è il
giorno in cui possono percepire, più che mai, la grandezza del
dono ricevuto, che li assimila a Cristo stesso e li rende
strumenti di salvezza e dispensatori dei beni di Dio; per i fedeli
è il nuovo patto indissolubile ed eterno, sancito da Cristo che,
per restare sempre con noi vivo, si rende presente
nell’eucaristia e diventa cibo e bevanda di vita; per tutti può
essere un giorno in cui la presenza di Dio e il suo amore per
l’uomo si rende nel mondo più percettibile e più intenso.
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