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  LITURGIA  DELLA  SETTIMANA




  18 Aprile 2003                                                           Vai alle Letture e il Formulario della Messa d'oggi...



LETTURE: Is 52,13-53,12; Ps 30; Heb 4,14-16.5,7-9; Io 18,1-19,42


Venerdì Santo

 


Hac die, qua Pascha nostrum immolatus est Christus, crucem Domini et Sponsi sui intuens et adorans, Ecclesia suum ortum commemorat e latere Christi in cruce dormientis, et pro totius mundi salute intercedit.
Iuxta antiquissimam traditionem, Ecclesia hac die Eucharistiam non celebrat.
Sacra communio fidelibus distribuitur unice inter celebrationem Passionis Domini; infirmis autem, qui hanc celebrationem participare nequeunt, quacumque diei hora deferri potest.
Celebratio Passionis Domini agenda est horis postmeridianis, et quidem circa horam tertiam; rationibus vero pastoralibus hora tardiore inchoari potest.
Feria VI in Passione Domini dies est paenitentiae in universa Ecclesia, ieiunio et a carnis comestione abstinentia peragendae.

Alcune informazioni su Venerdì Santo

"Donna ecco tuo figlio!", "Ecco tua madre!"

Sono le frasi che Gesù sulla Croce pronuncia dirette a Maria ed a Giovanni. Un momento prima di morire si ricorda di sua madre, si ricorda di noi; dalla croce ha la forza dello Spirito di continuare la sua missione di Amore. La morte non può sconfiggere questa forza e i legami che sembrerebbero spezzare con essa Gesù stesso, dall’alto della Croce. Non è un saluto formale quello di Cristo ma è vitale e pregno di amore perché è proiettato verso il futuro, oltre la Resurrezione della Pasqua e si incontra nel cammino che farà nascere la Chiesa. Da qui, da questo momento tutti noi sapremo che Maria non è soltanto la Madre di Dio, ma la Madre di tutti noi perché Madre della Chiesa. L’eredità di Gesù è la stessa Madonna e non potevamo aspirare a niente di meglio, tesoro più inestimabile non vi è. Preghiamola quindi ogni giorni, quando pensiamo alla Croce di Gesù ricordiamoci che vi era lei sotto a piangere. Maria è presente nella quieta gioia della notte di Natale, ora sotto la Croce dolorosa, e sarà presente in preghiera nel Canacolo quando lo Spirito Santo scenderà sugli apostoli discepoli perché inizino la loro missione per tutte le strade del mondo! Se sappiamo pregare Maria per Nostro Signore sicuramente le nostre preghiere non saranno inascoltate!


Il racconto della Passione di Gesù Cristo, costituisce, anche da punto di vista cronologico, il primo nucleo della predicazione apostolica, il punto fondamentale della proclamazione della fede della chiesa. Nella liturgia di oggi, la proclamazione della passione assume una importanza centrale: il valore della parola, come segno sacramentale della presenza attuale del Cristo, prende grande evidenza e polarizza a sé tutta la celebrazione di oggi. Sulla croce il Cristo realizza la suprema manifestazione del nome di Dio: Agāpe. Il poema descrive la sofferenza Salvatrice e gloriosa del servo di Jahve. Il suo dolore è un mistero. Il suo dolore però rivela non il suo proprio peccato – egli è innocente – ma il peccato del popolo. Il servo accetta questa piano di Dio, consapevole che lo condurrà alla morte e ad una sepoltura. Cristo è il servo di Jahve, è lui che si consegna alla morte per il popolo. La risurrezione costituisce la sua esaltazione.

La chiesa oggi non celebra l’Eucaristia, ma invita i fedeli a rivivere nel silenzio adorante e nel modo più intenso possibile il mistero della morte di Cristo, la sua assurda condanna, l’atroce passione e la sua ignominiosa morte sul patibolo. E’ così che potremmo trarne la più logica ed impegnativa conclusione: noi responsabili in prima persona di quella morte con i nostri peccati re e Dio immenso nell’amore! L’adorazione che poi segue nell’altare della riposizione assume per tutti le caratteristiche della doverosa riparazione e della migliore gratitudine. Le chiesa spoglie e disadorne ci aiutano ulteriormente a comprendere da una parte la gravità della tragedia che si sta consumando nel mondo e dall’altra l’attesa di un evento risolutivo che già intravediamo nella fede e nella speranza ed è il mattino di Pasqua.


Silenti nell’attesa.

La chiesa oggi ci conduce ai piedi della croce. Assume e realizza il mandato di predicare al mondo Cristo e Cristo crocifisso. L’umanità intera è invitata a prostrarsi, ad adorare il mistero a comprendere, per quanto ci è dato dalla fede, l’immensità del dono e tutta la gravità del male. Siamo invitati a vedere con umana e divina sapienza la croce di Cristo, ma anche le nostre croci: oggi il confronto è urgente se non vogliamo restare schiacciati dai nostri pesi. Abbiamo bisogno di illuminare di luce divina le vicende più tristi della nostra umana esistenza. Sorbire la luce della croce significa dare un senso, scoprire le finalità arcane e rivelate della sofferenza che ci accompagna, significa andare oltre le umane considerazioni che sappiamo fare con la nostra limitata intelligenza sul dolore, sul dolore dell’innocente, sulle vittime dei giudizi e dei pregiudizi umani. Dobbiamo confrontare e sovrapporre le nostre croci a quelle di Cristo per scoprire che anche il dolore, la passione, la stessa morte può diventare fonte di vita e germe di immortalità e di risurrezione. Quella croce piantata sul monte è conficcata anche nella nostra carne, nel nostro cuore; prima di essere di Cristo è nostra quella croce, ma ora è diventata l’albero fecondo della vita. Privi di questa luce e di questo salutare confronto s’intristisce il nostro mondo, bruciano le foreste e si rimboschiscono di croci; il dolore riassume tutta la sua cruda ed assurda realtà, i crocifissi restano perennemente appesi a quelle croci, i crociati senza speranza restano chiusi nella morsa della morte, il mondo diventa un triste cimitero. Adorare la croce di Cristo vuol dire allora far rinascere la speranza, convincersi che il peso maggiore è già stato assunto volontariamente dal nostro redentore, vuol dire che le croci non hanno più il potere di schiacciarci e di configgerci e gli stessi sepolcri sono aperti per lasciarci liberi di tornare a Dio.

 

Dalle "Catechesi" di san Giovanni Crisostomo, vescovo.
Vuoi conoscere la forza del sangue di Cristo? richiamiamone la figura, scorrendo le pagine dell’Antico Testamento. Immolate, dice Mosé, un agnello di un anno e col suo sangue segnate le porte. Cosa dici, Mosé? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l’uomo ragionevole ? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell’antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo. Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del Signore.
A Gesù morto e ancora più appeso alla croce, racconta il vangelo, s’avvicinò un soldato che gli aprì con un colpo di lancia il costato: ne uscì acqua e sangue. L’una simbolo del battesimo, l’altro dell’eucaristia. Il soldato aprì il costato: dischiuse il tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di trovare splendide ricchezze. La stessa cosa accade per l’agnello: i Giudei sgozzarono la vittima ed io godo la salvezza, frutto di quella salvezza. Vedete in che modo Cristo unì in sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato.


Dimmi dunque, o venerdì, perché tutte le Chiese del mondo ti venerano? - Per il fatto che in questo giorno fu creato Adamo, capo del genere umano, e anche in questo giorno lui entrò nel paradiso e gli angeli si prosternarono di fronte a lui. Anche in questo giorno fu crocifisso l'Unigenito e riscattò il mondo.



Liturgia della Settimana
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Monaci Benedettini Silvestrini
Bassano Romano (VT)
- 2003 -