preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Cornelio fu eletto vescovo della chiesa di Roma nel 251. Combatté gli eretici novaziani e rinsaldò la sua autorità con il sostegno di san Cipriano. L'imperatore Gallo lo mandò in esilio presso Civitavecchia, dove morì nel 253. Il suo corpo fu trasportato a Roma e sepolto nel cimitero di Callisto.
Cipriano nacque a Cartagine verso il 210, da genitori pagani. Convertitosi alla fede e ordinato sacerdote, fu eletto vescovo della città nel 249. Governò egregiamente la chiesa con gli esempi e con gli scritti, in tempi assai difficili. Nella persecuzione di Valeriano, prima fu condannato all'esilio, quindi, il 14 settembre del 258, morì martire.
Memoria dei santi martiri Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, dei quali il 14 settembre si ricordano la deposizione del primo e la passione del secondo, mentre oggi il mondo cristiano li loda con una sola voce come testimoni di amore per quella verità che non conosce cedimenti, da loro professata in tempi di persecuzione davanti alla Chiesa di Dio e al mondo.
Dalle "Lettere" di san Cipriano, vescovo e martire
Fede pronta e incrollabile
Cipriano a Cornelio, fratello nell'episcopato. Siamo a conoscenza, fratello carissimo, della tua fede, della tua fortezza e della tua aperta testimonianza. Tutto ciò é di grande onore per te e a me arreca tanta gioia da farmi considerare partecipe e socio dei tuoi meriti e delle tue imprese. Siccome infatti una é la Chiesa, uno e inseparabile l'amore, unica e inscindibile l'armonia dei cuori, quale sacerdote, nel celebrare le lodi di un altro sacerdote, non se ne rallegrerebbe come di sua propria gloria? E quale fratello non si sentirebbe felice della gioia dei propri fratelli? Certo non si può immaginare l'esultanza e la grande letizia che vi é stata qui da noi quando abbiamo saputo cose tanto belle e conosciuto le prove di fortezza da voi date. Tu sei stato di guida ai fratelli nella confessione della fede, e la stessa confessione della guida si é fortificata ancora più con la confessione dei fratelli. Così, mentre hai preceduto gli altri nella via della gloria, hai guadagnato molti compagn alla stessa gloria, e mentre ti sei mostrato pronto a confessare per primo e per tutti, hai persuaso tutto il popolo a confessare la stessa fede.
In questo modo ci é impossibile stabilere che cosa dobbiamo elogiare di più in voi, se la tua fede pronta e incrollabile, o la inseparabile carità dei fratelli. Si é manifestato in tutto il suo splendore il coraggio del vescovo a guida del suo popolo, ed é apparsa luminosa e grande la fedeltà del popolo in piena solidarietà con il suo vescovo. In voi tutta la chiesa di Roma ha dato la sua magnific testimonianza, tutta unita in un solo spirito e in una sola voce. E' brillata così, fratello carissimo, la fede che l'Apostolo constatava ed elogiava nella vostra comunità. Già allora egli prevedeva e celebrava quasi profeticamente il vostro coraggio e la vostra indomabile fortezza. Già allora riconosceva i meriti di cui vi sareste resi gloriosi. Esaltava le imprese dei padri, prevedendo quelle dei figli. Con la vostra piena concordia, con la vostra fortezza, avete dato e tutti i cristiani luminoso esempio di unione e di costanza. Fratello carissimo, il Signore nella sua provvidenza ci preammonisce che é imminente l'ora della prova. Dio nella sua bontà e nella sua premura per la nostra salvezza ci dà i suoi benefici suggerimenti in vista del nostro vicino combattimento. Ebbene in nome di quella caritàm che ci lega vicendevolmente, aiutiamoci, perseverando con tutto il popolo nei digiuni, nelle veglie e nella preghiera.
Queste sono per noi quelle armi celesti che ci fanno stare saldi, forti e perseveranti. Queste sono le armi spirituali e gli strali divini che ci proteggono. Ricordiamoci scambievolmente in concordia e fraternità spirituale. Preghiamo sempre e in ogni luogo gli uni per gli altri, e cerchiamo di alleviare le nostre sofferenze con la mutua carità.
Lett. 60, 1-2. 5; CSEL, 3, 691-692. 694-695)
In una cosa così giusta non c'é da riflettere
Al mattino del 14 settembre molta folla si era radunata a Sesti secondo quanto aveva ordinato il proconsole Galerio Massimo. E così lo stesso proconsole Galerio Massimo ordinò che gli fosse condotto Cipriano all'udienza che teneva nel medesimo giorno nell'atrio Sauciolo. Quando gli fu davanti, il proconsole Galerio Massimo disse al vescovo Cipriano: «Tu sei Tascio Cipriano?». Il vescovo Cipriano rispose: «Sì, sono io». Il proconsole Galerio Massimo disse: «Sei tu che ti sei presentato come capo di una setta sacrilega?». Il vescovo Cipriano rispose: «Sono io». Galerio Massimo disse: «I santissimi imperatori ti ordinano di sacrificare». Il vescovo Cipriano disse: «Non lo faccio».
Il proconsole Galerio Massimo disse: «Rifletti bene». Il vescovo Cipriano disse: «Fà ciò che ti é stato ordinato. In una cosa così giusta non c'é da riflettere». Galerio Massimo, dopo aver conferito con il colleggio dei magistrati, a stento e a malincuore pronunziò questa sentenza: «Tu sei vissuto a lungo sacrilegamente e ti sei aggregato moltissimi della tua setta criminale, e ti sei costituito nemico degli déi romani e dei loro sacri riti. I pii e santissimi imperatori Valeriano e Gallieno Augusti e Valeriano nobilissimo Cesare non riuscirono a ricondurti all'osservanza delle loro cerimonie religiose. E perciò, poiché sei risultato autore e istigatore dei peggiori reati, sarai tu stesso di esempio a coloro che hai associato alle tue scellerate azioni.
Col tuo sangue sarà sancito il rispetto delle leggi». E dette queste parole, lesse ad alta voce da una tavoletta il decreto: «Ordinò che Tascio Cipriano sia punito con la decapitazione». Il vescovo Cipriano disse: «Rendiamo grazie a Dio». Dopo questa sentenza la folla dei fratelli diceva: «Anche noi vogliamo esser decapitati insieme a lui». Per questo una grande agitazione sorse fra i fratelli e molta folla lo seguì. E così Cipriano fu condotto nella campagna di Sesti e qui si spogliò del mantello e del cappuccio, si inginocchiò a terra e si prostrò in orazione al Signore. Si tolse poi la dalmatica e la consegnò ai diaconi, restando con la sola veste di lino, e così rimase in attesa del carnefice. Quando poi questo giunse, il vescovo diede ordine ai suoi di dargli venticinque monete d'oro. Frattanto i fratelli stendevano davanti a lui pannolini e fazzoletti. Quindi il grande Cipriano con le sue stesse mani si bendò gli occhi, ma siccome non riusciva a legarsi le cocche del fazzoletto, intervennero ad aiutarlo il presbitero Giuliano e il suddiacono Giuliano.
Così il vescovo Cipriano subì il martirio e il suo corpo, a causa della curiosità dei pagani, fu deposto in un luogo vicino dove potesse essere sottratto allo sguardo indiscreto dei pagani. Di là, durante la notte, fu portato via con fiaccole e torce accese e accompagnato fino al cimitero del procuratore Macrobio Candidiano che é nella via delle Capanne presso le piscine. Dopo pochi giorni il proconsole Galerio Massimo morì. Il santo vescovo Cipriano subì il martirio il 14 settembre sotto gli imperatori Valeriano e Gallieno, regnando però il nostro Signore Gesù Cristo a cui é onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.Atti, 3-6; CSEL 3, 112-114).
Cornelio, papa (251-253), offrì la riconciliazione ai cristiani che avevano ceduto all’imposizione di sacrificare agli idoli, decretata dall’imperatore Decio. Si oppose così al rigorismo di Novaziano e ai suoi seguaci che negavano agli apostati la possibilità di un ritorno alla comunione della Chiesa. A seguito di una nuova persecuzione, fu esiliato a Civitavecchia, dove morì.
Cipriano, vescovo di Cartagine, operò per l’unione all’interno della sua comunità e per la collaborazione tra le diverse Chiese africane; sviluppò la dottrina dell’unità della Chiesa raccolta attorno all’Eucaristia, sotto la guida del vescovo. Ai fedeli che si erano mostrati deboli di fronte alla persecuzione, offrì la possibilità di un itinerario penitenziale. Morì martire sotto Valeriano, il 14 settembre 258. I due santi sono ricordati insieme nel Canone Romano.
Dal Comune dei martiri: per più martiri o dal Comune dei pastori: per i vescovi.
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