preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Giovanni sigilla la sua missione di precursore con il martirio. Erode Antipa, imprigionando nella fortezza di Macheronte ad Oriente del Mar Morto, lo fece decapitare. Egli è l'amico che esulta di gioia alla voce dello sposo e ti eclissa di fronte al Cristo, sole di giustizia: «Ora la mia gioia è compiuta; egli deve crescere, io invece diminuire». Alla sua scuola si sono formati alcuni dei primi discepoli del Signore. Fin dal sec. V il 29 agosto si celebrava a Gerusalemme una memoria del Precursore del Signore. Il suo nome si trova nel Canone Romano.
Memoria della passione di san Giovanni Battista, che il re Erode Antipa tenne in carcere nella fortezza di Macheronte nell'odierna Giordania e nel giorno del suo compleanno, su richiesta della figlia di Erodiade, ordinò di decapitare. Per questo, Precursore del Signore, come lampada che arde e risplende, rese sia in vita che in morte testimonianza alla verità.
Dalle «Omelie» di san Beda, il Venerabile, sacerdote
Precursore della nascita e della morte di Cristo
Il beato precursore della nascita del Signore, della sua predicazione e della sua morte, dimostrò una forza degna degli sguardi celesti nel suo combattimento. Anche se agli occhi degli uomini ebbe a subire tormenti, la sua speranza é piena di immortalità, come dice la Scrittura (cfr. Sap 3, 4). E' ben giusto che noi ricordiamo con solenne celebrazione il suo giorno natalizio. Egli lo rese memorabile con la sua passione e lo imporporò del suo sangue. E' cosa santa venerarne la memoria e celebrarla in gioia di spirito. Egli confermò con il martirio la testimonianza che aveva dato per il Signore. San Giovanni subì il carcere e le catene a testimonianza per il nostro Redentore, perché doveva prepararne la strada. Per lui diede la sua vita, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Gesù Cristo, ma solo di tacere la verità. Tuttavia morì per Cristo. Cristo ha detto: «Io sono la verità» (Gv 14, 6), perciò proprio per Cristo versò il sangue, perché lo versò per la verità. E siccome col nascere, col predicare, col battezzare doveva dare testimonianza a colui che sarebbe nato, avrebbe predicato e battezzato, così soffrendo segnalò anche che il Cristo avrebbe sofferto.
Un uomo di tale e tanta grandezza pose termine alla vita presente con lo spargimento del sangue dopo la lunga sofferenza della catene. Egli annunziava la libertà della pace superna e fu gettato in prigione dagli empi. Fu rinchiuso nell'oscurità del carcere colui che venne a rendere testimonianza alla luce e che dalla stessa luce, che é Cristo, meritò di essere chiamato lampada che arde e illumina. Fu battezzato nel proprio sangue colui al quale era stato concesso di battezzare il Redentore del mondo, di udire la voce del Padre su di lui e di vedere la grazia dello Spirito Santo scendere sopra di lui.
Ma a persone come lui non doveva riuscire gravoso, anzi facile e bello sopportare per la verità tormenti transitori ripagabili con le gioie eterne. Per uno come lui la morte non riusciva un evento ineluttabile o una dura necessità. Era piuttosto un premio, una palma di vita eterna per la confessione del nome di Cristo. Perciò ben dice l'Apostolo: «A voi é stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui» (Fil 1, 29). Chiama grazia di Cristo che gli eletti soffrano per lui: «Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà esser rivelata in noi» (Rm 8, 18).(Om. 23; CCL 122, 354. 356. 357)
Giovanni Battista, dopo aver indicato ai suoi discepoli l’Agnello finalmente apparso nel mondo (cf. Gv 1, 29.36 ), sigilla la sua testimonianza con il martirio. La «voce» (Gv 1, 23) viene spenta da Erode Antipa che lo fa imprigionare nella fortezza di Macheronte e decapitare (cf. Mc 6, 17-29). «Fu rinchiuso nell’oscurità del carcere colui che venne a rendere testimonianza alla luce (cf. Gv 1, 7) e che dalla stessa luce, che è Cristo, meritò di essere chiamato lampada che arde e illumina (cf. Gv 5, 35)» (Beda il Venerabile). Antica (sec. V) è la memoria liturgica del suo martirio.
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