preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Santa Giovanna Francesca di Chantal nasce a Digione il 23 gennaio 1572 e muore nel Monastero della Visitazione di Moulins il 13 dicembre 1641. Giovane vedova, madre di quattro figli, il suo temperamento appassionato e generoso l'ha lanciata in una ricerca ardente di Dio.
Santa Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, religiosa: dal suo matrimonio cristiano ebbe sei figli, che educò alla pietà; rimasta vedova, percorse alacremente sotto la guida di san Francesco di Sales la via della perfezione, dedicandosi alle opere di carità sopratttutto verso i poveri e i malati; diede inizio all'Ordine della Visitazione di Santa Maria, che diresse pure con saggezza. Il suo transito avvenuto a Moulins sulle rive dell'Allier vicino a Nevers in Francia ricorre il 13 dicembre.
Dalle «Memorie» della religiosa segretaria di santa Giovanna Francesca.
L'amore è forte come la morte
Un giorno la beata Giovanna disse queste parole di fuoco, che vennero subito fedelmente raccolte: «Figlie carissime, molti dei nostri santi padri e colonne della chiesa, non subirono il martirio: perché - secondo voi - ciò accade?»: Dopo che ognuna ebbe risposto, quella beata madre riprese: «Ed io penso che ciò sia accaduto perché vi è un altro martirio, il martirio di amore, nel quale Dio, mentre sostiene in vita i suoi servi e le sue serve perché si spendano per la sua gloria, li rende insieme martiri e confessori. Io so che a questo martirio - aggiunse - sono chiamate le Figlie della Visitazione, e per disposizione di Dio lo soffriranno le più fortunate, che l'avranno chiesto».
Una sorella le chiese come potesse avvenire questo martirio, ed ella rispose: «Dite il vostro totale sì a Dio, e ne farete la prova. Infatti l'amore divino immerge la sua spada nelle parti più intime e segrete dell'anima, e ci separa da noi stessi. Ho conosciuto un'anima, che l'amore ha separato da quanto le era più caro non meno che se i persecutori a colpi di spada le avessero separato lo spirito dal corpo».
E noi comprendemmo che parlava di sé. un'altra sorella le chiese quanto potesse durare questo martirio. Rispose: «Dall'istante in cui ci doniamo a Dio senza alcuna riserva, fino al termine della vita. Ma questo vale per le persone magnanime, che, non tenendo nulla per sé, tengono fede all'amore, perché il nostro Dio non intende concedere questo martirio ai deboli, poveri di amore e di costanza, e lascia che conducano la loro vita a passo mediocre, purché non si allontanino da lui; infatti non forza mai la libera volontà».
Infine le si chiese se questo martirio di amore potesse uguagliare quello del corpo. «Non preoccupiamoci dell'uguaglianza: tuttavia ritengo che l'uno non ceda all'altro, perché "l'amore è forte come la morte", e i martiri d'amore sopportano dolori mille volte più gravi conservando la vita per fare la volontà di Dio, che se dovessero dare mille vite in testimonianza di fede, di carità, di fedeltà».(Da: Francoise-Madeleine de Chaugy, Mémoires sur la vie et les vertus de sainte J.F. de Chantal, III, 3, 3 éedit., Paris, 1842, pp. 314-319)
Giovane martire della Tuscia, convertito da S.Eutizio, il grande evangelizzatore dell'Etruria suburbicaria, subì il martirio nel 269 d.C. sotto l'Imperatore Claudio II. Figlio unico del conte Massimiano, notabile della città di Fàleri (Falerii Novi), resistette a lusinghe e minacce, a suppliche e lagrime, aderendo tenacemente all'amore di Cristo. Tradotto in tribunale e condannato dal magistrato Trasone, fu decapitato fuori della cinta muraria della città, presso il torrente oggi detto Rio Purgatorio. Insieme a lui subì lo stesso martirio la giovane S.Felicissima, cui aveva in prigione ridato la vista, da lui convertita alla fede. I resti mortali dei due giovani, raccolti in un sarcofago bìsomo dal padre di Gratiliano e conservati a lungo nelle catacombe dette di S.Gratiliano presso il suddetto torrente, furono trasferite dal popolo, vessato dai Longobardi, nella più sicura posizione della Falerii Veteres (Civita Castellana), trovando degna collocazione nella nuova chiesa, oggi cripta della maestosa Cattedrale romanica. La reliquia insigne del Capo di S.Gratiliano giunse a Bassano attraverso Capranica nel 1544. Nel luogo boschivo ove rotolò il capo fuori della cassetta portata da un eremita proveniente da Capranica, sorse nel 1546 l'attuale chiesa intitolata al Santo, costruita con il lavoro volontario del popolo bassanese. Nel 1951 i due santi furono dal Vescovo Mons. Roberto Massimiliani, Vescovo di Civitacastellana, dichiarati Patroni dell'Azione Cattolica diocesana.
Dagli atti della Passione di S.Gratiliano e Santa Felicissima
Il Processo
Quanto al sacerdote Eutizio e Felicissima, aveva comandato Trasone ai suoi sbirri: "Prendeteli come potete". Felicissima apprendeva dalla bocca di sacerdote Eutizio la dottrina cristiana o, come si esprime la fonte agiografica, imparava ad amare Cristo. Piombarono all'improvviso le guardie e afferrarono Felicissima, mentre nell'oscurità riusciva a dileguarsi il sacerdote Eutizio, memore del detto evangelico: Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra (Mt.l0,23).
Fu trascinata nella prigione dove era rinchiuso Gratiliano, nella cella dei condannati alla pena capitale. Il giorno seguente entrambi furono portati avanti al magistrato, nel foro, per un processo pubblico. L'accusa rivolta a Gratiliano fu di magia e maleficio. Rivolto a Gratiliano, lo riprese: "Dove hai imparato a compiere tali malefìci, per sedurre anche altri?" Precisa calmo Gratiliano: "Questi non sono malefici, bensì benefici di Cristo, il quale non permette che io sia vinto dal diavolo, padre tuo". Sentito menzionare il diavolo, Felicissima insisté con angelico candore: "Perché ti lasci convincere dal diavolo, infliggendo pene ai servi di Dio?" Anche lei si professava con orgoglio serva di Dio: servire Dio, infatti, è regnare. Il magistrato, adirato a tanta audacia, ordinò la frantumazione della loro bocca con una pietra: crudele strumento di supplizio riservato a chi bestemmiasse gli dèi. Intanto il pubblico rumoreggiava indignato a tanta crudeltà. Esaurita la sua pazienza, tagliò corto Trasone, ingiungendo a Gratiliano: "Sacrifica agli dèi e avrai salva la vita". Di fronte ad un ulteriore rifiuto non rimaneva che applicare le leggi in vigore: si doveva procedere alla decapitazione. E' quanto avvenne: comandò che fossero decapitati fuori delle porte cittadine, presso un torrente. E' il Rio Purgatorio, tributario del Treia, che scorre tra Faleri e Civita Castellana. Consegnati ad un drappello di sgherri, furono trascinati sul luogo del supplizio. Commovente la preghiera, l'ultima di
due labbra innocenti, un credo ed un testamento insieme, con cui i due martiri chiudono gli occhi a questa vita terrena: "O Signore di tutte le cose visibili e invisibili, che hai inviato l'unico tuo Figlio il Signore nostro Gesù Cristo, per redimerci dai peccati, degnati ora di mandare il tuo santo Angelo ad accogliere in pace le nostre anime e portarci al tuo cospetto, tu che sei benedetto nei secoli. Amen".
Il Martirio
La mannaia del boia, guizzando con sinistri bagliori, chiuse per sempre la loro bocca, spense la loro voce. Il martirio è il sigillo della fede. Non vi è prova più chiara e convincente di amore, come ha detto lui stesso: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv. 15,14). L'amico indimenticabile, per cui valeva la pena deporre la vita era lui, Cristo stesso. Con brevi tocchi di penna descrive il biografo quei momenti supremi: senza reagire, disteso il collo, "il Beato Gratiliano e la Beata Felicissima furono subito decapitati dai carnefici del diavolo". Sangue, candido come la neve, sgorgò dal collo grondante di Gratiliano: candore niveo, splendente come le vesti di Cristo sul Tabor: sono trasfigurati nel Cristo risorto.
In quello stesso giorno, il padre di Gratiliano, ammirato della forte tempra di carattere del figlio, tratto tipico di famiglia, comprava quel campo inturgidito dal sangue del figlio, sito in contrada Maulano e lo intitolò campo di Gratiliano; ivi dette commossa sepoltura alle spoglie del martire. Era il 12 agosto 269 dell'era volgare.
Erano trascorsi tre giorni dalla sepoltura, quando, a somiglianza di quanto avvenne presso il sepolcro di Cristo, apparvero insieme a due giovani in bianche vesti nel silenzio della notte, ai genitori di Gratiliano, rassicurandoli festosi: "Guardate vostro figlio sano e salvo per virtù del Signore nostro Gesù Cristo. Non ci piangete come morti, poiché siamo uniti al coro dei santi Apostoli e Martiri, mentre la mia sorella Felicissima è presso la Regina Madre del Signore Nostro Gesù Cristo". Alla testimonianza il martire Gratiliano aggiunse una profezia di consolazione per la chiesa locale: "Vi annuncio la pace che è stata concessa alla Chiesa di Dio; in questo stesso mese sarà messo a morte Trasone, nemico dei cristiani, ucciso da Claudio Cesare". Un passato prossimo che ha valore di futuro profetico, cioè di un futuro già visto come realizzato. Ha lasciato ai suoi genitori una dolce consegna, che è per noi un testamento: "Non mi piangete come morto, ma credete nel Signore Gesù Cristo, che può donarvi il perdono di tutti i peccati e concedervi la vita eterna ".
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