Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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I Santi del giorno

Lunedì 17 settembre 2012

San Roberto Bellarmino

Vescovo e Dottore della Chiesa (Memoria facoltativa)

BIOGRAFIA

Nacque nel 1542 a Montepulciano in Toscana. Entrò nella compagnia di Gesù a Roma. Ordinato sacerdote, tenne celebri dispute in difesa della fede cattolica e insegnò teologia nel Collegio romano. Eletto cardinale e nominato vescovo di Capua, contribuì con la sua attività presso le Congregazioni romane alla soluzione di spinosi problemi. Morì a Roma nel 1621.

MARTIROLOGIO

San Roberto Bellarmino, vescovo e dottore della Chiesa, della Compagnia di Gesù, che seppe brillantemente disputare nelle controversie teologiche del suo tempo con perizia e acume. Nominato cardinale, si dedicò con premura al ministero pastorale nella Chiesa di Capua e, infine, a Roma si adoperò molto in difesa della Sede Apostolica e della dottrina della fede.

DAGLI SCRITTI...

Dal trattato "Elevazione della mente a Dio" di S. Roberto Bellarmino, vescovo.
Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti

«Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca» (Sal 85, 5); chi non ti servirà con tutto il cuore, dopo aver cominciato a gustare anche per poco la dolcezza della tua paterna signoria? Che cosa comandi, Signore, ai tuoi servi? «Prendete, dici, il mio giogo sopra di voi» (Mt 11, 29). E qual é il tuo giogo? «Il mio giogo», dici, «é dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 30). Chi non porterà molto volentieri un giogo che non stringe, ma accarezza, e un peso che non opprime, ma solleva? Perciò giustamente hai aggiunto: «E troverete ristoro per le vostre anime» (Mt 11, 29). E qual é quetso tuo giogo che non affatica, ma riposa? Sicuramente il primo e più grande comandamento: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore» (Mt 22, 37). Che cosa vi é di più facile, di più soave e dolce, che amare la bontà, la bellezza e l'amore? E tutto questo sei tu, Signore mio Dio.
E tu arrivi perfino a promettere un premio a quelli che osservano le tue leggi, pur essendo queste già per se stesse più preziose di molto oro e più dolci di un favo di miele? Si, prometti veramente un premio, e un premio grandissimo, secondo la parola del tuo apostolo Giacomo: «Il Signore ha promesso la corona della vita a quelli che lo amano» (Gc 1, 12). E qual é la corona della vita? E' certamente il bene più grande che possiamo pensare o desiderare, come dice san Paolo, seguendo Isaia: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9, cfr. Is 64, 1-3; 65, 17). Si, é veramente grande la ricompensa per l'osservanza dei tuoi comandamenti. Quel primo e più grande comandamento é vantaggioso per l'uomo che obbedisce più che per Dio che comanda. Ma ogni altro comandamento di Dio perfezionsa colui che obbedisce, lo eleva, lo istruisce, lo illumina, infine lo rende buono e beato.
Perciò se hai saggezza, comprendi che sei creato per la gloria di Dio e per la tua eterna salvezza. Questo é il tuo fine questo il centro della tua anima, questo il tesoro del tuo cuore. Se raggiungerai questo fine sarai beato, se ti allontanerai da esso sarai infelice. Perciò stima vero bene per te ciò che ti conduce al tuo fine, vero male ciò che te lo fa mancare. Avvenimenti prosperi o avversi, ricchezze e povertà, salute e malattia, onori e oltraggi, vita e morte, il sapiente non deve né cercarli né fuggirli per se stessi. Ma sono buoni e desiderabili solo se contribuiscono alla gloria di Dio e alla tua felicità eterna. Sono cattivi e da fuggire se la ostacolano.



Dal messale

Roberto (Montepulciano, Siena, 4 ottobre 1542 - Roma, 17 settembre 1621), gesuita, impiegò la sua notevole competenza teologica sia in complesse controversie dottrinali (Disputationes de controversiis christianae fidei ), sia nella redazione di un catechismo popolare. Cardinale e arcivescovo di Capua, diede esemplare applicazione al Concilio di Trento, finché i gravosi impegni romani lo spinsero a lasciare la diocesi per dedicarsi interamente al servizio della Chiesa universale.

Dal Comune dei pastori: per un vescovo o dal Comune dei dottori della Chiesa.

Colletta propria

O Dio, che per difendere la fede della Chiesa hai donato al santo vescovo Roberto [Bellarmino] scienza e virtù mirabili, concedi al tuo popolo, per sua intercessione, di custodire con gioia l’integrità della stessa fede. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 

Beata Cecilia Eusepi

vergine (Memoria facoltativa) - Patronato: Diocesi di Civitacastellana

BIOGRAFIA

Nacque il 17 febbraio 1910 a Monte Romano (Viterbo). Rimasta presto orfana di padre, fu accolta con la madre a Nepi nella casa dello zio materno, il quale la affidò alle monache Cistercensi. Nel loro monastero per sette anni frequentò le classi elementari e fu iniziata alla vita spirituale. Lì conobbe i frati Servi di Maria, i quali erano confessori delle monache. Il 17 settembre 1922 entrò a far parte del Terz'Ordine dei Servi di Maria nella Fraternità di Nepi. Nel 1923 fu accolta come postulante tra le Serve di Maria, dette «Mantellate di Pistoia». Dopo tre anni, per motivi di salute, fece ritorno nella casa dello zio a Nepi. Colpita da grave malattia, sopportò varie sofferenze, crescendo nell'amore per Cristo e conformata alla Madre addolorata. Morì il 1° ottobre 1928. E' stata beatificata a Nepi il 17.06.2012.

DAGLI SCRITTI...

Dal Diario della beata Cecilia Eusepi.
Conosco Gesù, per questo sono felice.

Esser santa è stata sempre la mia passione, ma leggendo le vite dei grandi santi, mi sentivo quasi perdere di coraggio pensando che io non sarei mai arrivata a tanto, ma poi pensando alla vita nascosta di Gesù, io non trovo delle grandi opere, ma dei piccoli atti di virtù. Eppure, quale santità più alta di quella di Gesù?
Io amo Gesù, ma non sento nessun trasporto; quando prego sono continuamente distratta, non sento più quel fervore che sentivo una volta, non penso più tanto spesso a Gesù, eppure io vorrei pensarci non ogni minuto, ma ogni secondo. Però mi consolo pensando che essendomi offerta a Gesù, anche non pensando a Lui, io lo amo, la mia vita è una continua preghiera, tutti i palpiti del mio cuore, i battiti del mio polso, i miei respiri, intendo siano tanti atti d'amore. E non è, dunque, questo un continuo pregare, un continuo amare? Desidero sapere se è giusto questo che io penso. Il «Piccolo Niente» [di Cecilia Eusepi] è tutto di Gesù, anche i peccati io ho offerto a Gesù, se mi lasciassi quelli, non sarei più un niente, perché il niente non ha niente. Gesù si è degnato farsi conoscere alla povera anima mia, conosco Gesù, per questo sono felice, prima mi agitavo per ogni mia infedeltà, adesso no, se mi agitassi, non conoscerei la mia debolezza, e la bontà del buon Dio. Quando la volontà non vuole offendere Gesù, l'offesa mi sembra che non sia più offesa, ma frutto della mia debolezza, Gesù non se ne può offendere, perché Egli sapeva prima ancora di crearmi che io l'avrei offeso senza volontà di offenderlo, ma che la mia debolezza sola sarebbe stata la causa del mio deviamento. Se queste debolezze gli dispiacessero, allora non avrebbe chiesto con tanta insistenza il nostro amore, ma lo avrebbe chiesto agli Angeli. Certo però, che, se noi lasciamo correre, anzi chiudiamo gli occhi su queste debolezze, senza riconoscere e riparare l'offesa fatta a Gesù, con un atto di umiltà e di amore, Gesù ne rimarrebbe offeso. Vorrei che Gesù si manifestasse a tutti, si facesse conoscere, come si è fatto conoscere a me, allora non vi sarebbe più disperazione, ma solo amore. L'offesa più grande forse che noi possiamo arrecare a Gesù, è la mancanza di fiducia nella Sua misericordia, se gli uomini, anch'essi sanno perdonare e dimenticare, gli uomini i quali posseggono una minima parte della misericordia infinita che possiede, che ha Dio, come potremo dubitare, senza offenderlo grandemente, che ci perdoni Dio?
Il Piccolo-Niente vorrebbe buttar fuori tutto ciò che pensa, che sente, che conosce, ma non può, non sa, vorrebbe buttarlo fuori per darlo alle anime. Il piccolo giglio di Gesù, prima di sfogliarsi, si apre, per dare a tutti ciò che in esso ha messo Gesù, vorrebbe dire a tutti le misericordie di Dio, per attrarre tutti verso di Lui, vorrebbe sfogliarsi cantando, «Dio è amore».
Queste parole comprese, diventano il più ricco patrimonio, io le ho comprese, o meglio Gesù me le ha fatte comprendere, perciò sono felice.
Io non ho paura di soffrire, tutti i sacrifizi che Gesù mi ha chiesti, dopo il primo colpo, mi son sembrati dolci, appena me li chiede mi sento quasi impossibile, ad accettarli, ma poi, passato il primo istante, non entra nel mio cuore la rassegnazione ma l'amore per quel sacrifizio. Soffrendo, io canto il mio amore a Gesù, quale pensiero più consolante di questo? Io non amo la sofferenza per la speranza del premio, no, questa mi sembra che non sia generosità, io amo la sofferenza perché, soffrendo attesto il mio amore a Gesù.
Vorrei che tutti conoscessero il segreto della felicità, l'amore, tante anime forse lo conoscono, ma, non sanno come darsi all'amore (anche questo io ho provato), perciò desidererei dire a queste come ho fatto io, ho riconosciuto il mio nulla, anzi, ho amato il mio nulla, riconoscendo me stessa ho conosciuto Dio, la Sua bontà, la Sua misericordia, il Suo amore, la Sua giustizia, tutto in Dio mi è sembrato amore, anche la Sua giustizia. Diario, pp. 179-180 (24 sett. 1927), 211-212 (15 ott. 1927), 214-215 (23 ott. 1927), 340 (8 feb. 1928).



Colletta

Padre santo, che hai rivelato i misteri del tuo Figlio alla beata Cecilia, tua umile serva, donandole di viverli fedelmente, per sua intercessione, concedi a noi la sapienza del cuore, per crescere ogni giorno nell’amore del Cristo e seguirlo, come la Vergine Maria, fino alla Croce. Egli è Dio.

 

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