preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Chi legge i Vangelo odierno non può fare a meno di percepire la solitudine di Gesù che va verso Gerusalemme, luogo di passione e di morte, e si trova a far fronte a richieste di questo genere. “Concedici , Signore, di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. La domanda di Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo è dettata ancora da un desiderio terreno e da una comprensione della gloria di Cristo valutata secondo la mentalità umana. Non è colta ancora la sua novità di offerta. Essa è veramente gloria, ma dopo la croce. Gesù rivela loro con quale premessa si può prendere parte alla sua gloria: bisogna bere il suo calice, condividere la sua morte. Ma questo significato della gloria del Signore e di quanto accadrà, non è oscuro soltanto ai due fratelli, lo è anche agli altri dieci, che se non giungono a tanto assurda richiesta, vi reagiscono con il medesimo spirito, tutti sono ripiegati sui propri meschini interessi. Lo schema che opera in tutti indistintamente è quello “dei capi delle nazioni e dei loro grandi”. Gesù corregge il loro concetto di gloria, troppo umano e ne propone uno nuovo. “Fra voi però non è così”. Secondo il vangelo il primato consiste e si esercita nel servire. Il primo è l'ultimo, il grande è il servo. E' posta con questo nell'umiltà la rivoluzione più radicale, il capovolgimento più sorprendente della vita cristiana. D'altra parte non si tratta di una imposizione strana di Gesù. Il mondo è redento perché il Figlio di Dio si è collocato all'ultimo posto, e ha concepito il suo essere primo con un amore ablativo. Il cristiano riflette ed evidenzia nella propria esistenza e nella propria sensibilità la logica di Dio: la sua vita di salvezza. Non inventa, ma acconsente e prosegue. Egli beve al calice di Gesù ed è consorte a lui nel suo battesimo, e quindi nel mistero di chi “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Un anziano disse: «Credete forse che Satana voglia introdurre in voi tutti i pensieri? No, è per mezzo di un pensiero solo che vince l'anima e spera condurla a perdizione. Egli abbandona in essa quell'unico pensiero, non occorre altro. Attenti dunque a non mostrar compiacenza verso un solo cattivo pensiero».
CHE NESSUNO PARLI DOPO COMPIETA Quando tutti saranno riuniti insieme, si dica Compieta; e, usciti da Compieta, a nessuno sia più lecito proferire alcuna parola. Chiunque sarà colto a violare questa norma del silenzio, sia sottoposto a grave punizione; tranne il caso che sopravvenga la necessità di accogliere ospiti o che l'abate abbia comandato qualcosa ad alcuno; ma anche allora si faccia tutto con la massima gravità e la più delicata moderazione.
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