Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Sabato 17 agosto 2024

La "minorità".

Gesù da questo episodio appare come una persona autorevole, il cui magistero è così grande che si ricorre a lui per essere benedetti. Naturalmente, seppure vale quanto detto sopra, anche se i bambini non godevano grande considerazione nella società antica, tuttavia le famiglie (e in particolar modo le mamme) avevano un certo riguardo per coloro che costituivano l'avvenire della società. L'episodio, preso nella sua letteralità, non dice granché: ci sono le mamme preoccupate che vogliono far benedire i loro figli; c'è la brusca reazione dei discepoli e possiamo immaginare questi uomini rozzi che, magari con qualche calcio e con qualche scapaccione, tentano di allontanare le presenze fastidiose; c'è una risposta benevola di Gesù che placa gli animi. La considerazione è che ci si trovi in un quadretto semitico di rapporto maestro-discepoli-adepti-devoti, e in questo modo la scena è costruita. Seppure con modalità note, il messaggio è un altro ed è sì quello già visto per il richiamo a divenire come fanciulli (Mt 18, ss), ma quanto più si diviene e ci si considera ultimi tanto più il regno si manifesta, diviene realtà concreta e operante. In fondo, è la situazione di "minorità" che emerge con preponderanza da tutto il contesto evangelico matteiàno propostoci in queste settimane e a cui il cristiano è chiamato a volgersi come "leit-motiv" delle scelte personali e comunitarie.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Un anziano disse: "Se vedi uno cadere e puoi aiutarlo, tendigli il tuo bastone e fallo risalire. Ma se non puoi tirarlo su, lasciagli il tuo bastone e non perderti anche tu insieme a lui. Se gli dai la mano e non puoi trarlo su, sarà lui a trascinarti in basso e morirete tutti e due". Questo diceva per quelli che vogliono aiutare gli altri, al di là delle loro possibilità».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Il quarto gradino dell'umiltà si sale quando nell'esercizio della stessa obbedienza, anche incontrando durezze e difficoltà e persino ricevendo delle ingiurie, si abbraccia nel silenzio del proprio cuore la pazienza, e sopportando tutto, non si viene meno né si indietreggia, perché la Scrittura dice: «Chi persevererà sino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22); e ancora: «Si rinfranchi il tuo cuore e sopporta la prova del Signore» (Sal 26,14 Volg.). E per mostrare che il fedele deve sostenere per il Signore anche tutte le contrarietà possibili, la Scrittura dice nella persona di quelli che soffrono: «Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello» (Sal 43,23); e, certi della speranza della ricompensa divina, essi proseguono con gioia: «Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati» (Rm 8,37). Così pure in un altro passo la Scrittura dice: «Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai passati al crogiuolo come l'argento. Ci hai fatti cadere in un agguato, hai messo un peso ai nostri fianchi» (Sal 65,10-11). E per indicare che dobbiamo sottostare a un superiore, prosegue: «Hai posto un uomo sulle nostre teste» (Sal 65,12).


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