Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Mercoledì 10 luglio 2024

Idolatria e missione dei Dodici.

Spesso sentiamo della frasi che ci riportano all'incredulità di san Tommaso: se non vedo, non credo! E dal momento che Dio è invisibile e le realtà della sua esistenza non cadono sotto i sensi, allora si è spinti a rigettare questo Dio che appare così lontano dalle nostre povere vicende umane per affidarle a divinità che ci costruiamo con la nostre mani. L'idolatria infatti consiste nel rendere culto divino a opera costruita dalle mani dell'uomo, a un simulacro o animale ben visibile. Gli Ebrei del tempo di Osea andavano ad adorare le divinità dei popoli pagani da cui erano circondati. Il mondo moderna ha idoli ben più raffinati: il potere, la ricchezza, il piacere, l'egoismo, lo sport, la droga, l'internet... Quando nel cuore entrano questi idoli, a cui affidano cose e progetti, il vero Dio viene ignorato e cacciato, «non c'era posto per lui», leggevamo nel vangelo del Natale. Proprio per togliere l'uomo da questa umiliazione della sua dignità di figlio di Dio, il Signore annuncia il suo vangelo come ci testimonia Paolo nella lettera ai Romani. Perché questa predicazione giunga a tutti, egli elegge i dodici apostoli che pur nella loro fragilità umana, costituiranno le colonne del tempio di Dio e proclameranno in tutto il mondo che Gesù è vero e unico figlio di Dio che va adorato e riconosciuto come salvatore. Per il nostro tempo, in cui l'annunzio della salvezza è risuonata e risuona costantemente, l'idolatria diventa un peccato e una deviazione etica molto più grave che per gli Ebrei al tempo dei profeti. Il richiamo a camminare nella giustizia si fa quanto mai impellente anche ai nostri giorni. La giustizia, intesa come santità, esige di rendere a Dio quello che Lui appartiene: adorazione e ringraziamento... e agli uomini il rispetto della personale dignità. Forse si deve concordare amaramente con il vangelo quando dice: Il mondo è posto nella malignità! Quanta indifferenza, trascuratezza o anche avversione per tutto ciò che riguarda il culto al vero Dio! Vive nell'ingiustizia l'uomo che nega a Dio il suo culto spirituale nell'osservanza delle norme evangeliche, commette gravi ingiustizie quando opprime, disprezza, sfrutta, abusa del suo simile. Voglia il Signore raddolcire la durezza del cuore umano suscitando sentimenti di riconoscenza verso il Signore e di misericordia e di comprensione verso il prossimo.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un monastero si era ridotto in tutto all'abate e a quattro monaci, già anziani. L'abate, disperato, pensò di chiedere consiglio a un saggio rabbino suo amico. «Vi posso solo dire - rispose costui - che il Messia è tra voi». I monaci, udito questo, cominciarono a trattarsi l'un l'altro con straordinario rispetto e venerazione, poiché c'era la possibilità che sotto l'apparenza di uno di essi si nascondesse il Messia. La fama di quello straordinario amore fraterno si diffuse e alcuni visitatori cominciarono ad arrivare al monastero, curiosi di vedere quel luogo privilegiato. Poi ne arrivarono altri. Dopo qualche tempo, uno di loro chiese di entrare nell'Ordine. A questo seguirono altri, sempre più numerosi. In pochi anni, il monastero diventò un meraviglioso centro di amore fraterno e un focolare di nuove vocazioni...


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO

Dobbiamo dunque costituire una scuola del servizio del Signore; e nell'organizzarla noi speriamo di non stabilire nulla di penoso né di pesante. Se tuttavia, per giuste ragioni, si dovrà introdurre anche qualcosa un pochino più dura per correggere i vizi e conservare la carità, tu non lasciarti subito prendere dallo spavento, così da abbandonare la via della salvezza, la quale all'inizio non può essere che stretta. Ma col progredire nella vita monastica e nella fede, il cuore si dilata e si corre nella via dei comandamenti di Dio (cf. Sal 118,32) con una dolcezza d'amore inesprimibile. Cosicché, non allontanandoci mai dal suo magistero e perseverando nel suo insegnamento in monastero fino alla morte, possiamo partecipare mediante la pazienza alle sofferenze di Cristo, per meritare di condividere anche il suo regno.


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